InformaGay Internet Version mensile di informazione prevenzione gay e lesbico Redazione: via S.Chiara, 1 10122 TORINO - ITALY tel +39.11.436.5000 fax +39.11.436.86.38 DIRETTORE: Simona Pace ART DIRECTOR: Andrea Curti HANNO COLLABORATO: Bruno Cross, Francesco Pivetta, Franco Mittica, Il Carabiniere Misterioso, L'Arcangelo, Marlisa Trombata, Mauro De Toma, Mirko Medusa, Mirtha, NascaLoscaTosca, Roberta Lazzeri, Roby Dranischi, Sten SPECIAL THANKS TO: Davide C., Zia Molly, Cristina Venerdì 7 aprile 1995 numero 5 (articles without date and font are produced by members of the InformaGay staff) ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** EDITORIALE Ah, che bellezza scrivere l'editoriale con la finestra aperta e il sole che mi scalda la cervicale!! Un sacco di appuntamenti questo mese, primo fra tutti «Da Sodoma a Hollywood», manifestazione di cui possiamo veramente andar fieri (ce la invidiano un po' tutti). Poi, il 23 aprile si va a votare: ricordatevi di accendere il cervello prima di entrare nella cabina, votate cosa volete, ma siate consapevoli di quello che state facendo. La nostra fantasia è stata molto solleticata da questi primi caldi e abbiamo sfornato una nuova rubrica intitolata «Menodieci», cioè cosa succedeva dieci anni fa in questo periodo: un modo per vedere cosa è cambiato e un'occasione per imparare dalle esperienze altrui. La scelta dell'articolo per questa nuova rubrica è stata quasi obbligata, perché nel marzo di dieci anni fa si parlava solo dell'elezione di Nichi Vendola nei ranghi della Fgci, evento "storico" visto il comportamento del Partito Comunista nei confronti di Pier Paolo Pasolini. La colonnina delle persone che hanno collaborato al numero sta diventando sempre più lunga, ma non fatevi intimidire, troveremo posto per chiunque voglia contribuire a rendere queste pagine sempre più piacevoli ed interessanti. Gustatevi la perla di Maurizio Liverani e pensate al progetto Priscilla di pag. 22: c'è bisogno di voi. Prosegue la nostra campagna abbonamenti e le adesioni continuano a fioccare: vorrete mica rimanere al di fuori di questa cerchia di persone "scelte"?! Statemi bene o, come direbbero a Londra, stay me well! P.S. Come faremo adesso che è finito Star Trek?! ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** LA PERLA DEL MESE Maurizio Liverani Accidenti, ad averlo saputo prima ci saremmo organizzati tutti per benino e adesso saremmo divi o dive del cinema, della tivù, del teatro ; tutti romanzieri, sceneggiatori, scenografi ecc. ecc. E invece qui, in Italia, sul pianeta Terra, le cose non vanno davvero nella direzione amorevolmente espressa dal signor Maurizio Liverani che, evidentemente da Marte, le spara grosse. In effetti, dopo aver letto il suo articolo, caro signor Liverani, mi sono precipitato verso la televisione e l'ho accesa spinto dalla curiosità di vedere se, dopo la rubrica relativa all'economia, fosse stata per caso programmata una nuova rubrica dedicata a noialtri "privilegiati". Ebbene, nessun "indice gay" sulla falsariga di un "indice MIBTEL" che segnalasse quanti cardinali (+ 3,2 %), quanti alti governanti (+ 0,75 %), e quant'altri uomini e donne, di alto livello sociale, avessero dichiarato quel giorno il loro "vice anglais". Che delusione ! E che delusione sentir pronunciare dal signor Castagna nel suo superlativo "Complotto di famiglia" di venerdì 31 marzo, puntata dedicata alla scoperta di avere un figlio gay da parte di un paio di famiglie, frasi che le sottopongo e che recitano : "certo che dev'essere stato un bello shock per lei...", oppure ancora "... è vero che anche quando ha scoperto che il fidanzato di suo figlio era in realtà un nostro attore, ha provato ribrezzo nell'abbracciarlo ?". Alla faccia dell'organizzazione erotica privilegiata, signor Liverani ! Ma lei, lì su Marte, ha per caso mai sentito parlare di aziende che hanno licenziato e tutt'ora licenziano, magari con altri pretesti, dipendenti in sospetto di omosessualità ? Lassù dove abita lei non è che per caso abbiano mai programmato un film che s'intitola "Philadelphia" ed il cui protagonista, avvocato di grido, omosessuale e per destino della sorte anche ammalato di AIDS, viene allontanato dallo Studio di cui era un brillante rappresentante ? Provi un po' a immaginare il perché (non glielo dico per non toglierle il piacere della sorpresa). Mi tolga una curiosità : le capita mai, oltre ai romanzi di fantascienza, di leggere qualche quotidiano ? Se dovesse capitarle di non essere troppo impegnato nella ricerca di nuove citazioni, magari questa volta in danese o in portoghese, provi a dare un'occhiata attenta alla nostra rassegna stampa e poi magari ci farà sapere. La «confessione» di Leo Gullotta preludio di un cambiamento di giudizio sul mondo gay *** OSCAR WILDE HA FATTO IL SUO TEMPO il Giornale sab 11/3/95 Maurizio Liverani Di che sesso sei? Sono gay. Così siamo venuti a sapere che uno dei protagonisti dello spettacolo in cui l'erotismo ha un ardore schietto e un po' postribolare - Champagne - non ama le donne. Sbaglieremo e siamo pronti a correggerci dicendo che il simpatico e divertente attore è stanco d tutto quel contendersi di glutei, seni e cosce che è la caratteristica principale dello spettacolo. E la sua confessione potrebbe preludere a una rottura. La situazione per i gay in Italia è particolarmente favorevole. Chi si dedica al vice anglais, alla sodomia, da noi non conosce l'abominio del prossimo come accadde al dandy delle lettere inglesi Oscar Wilde, bensì la solidarietà e la simpatia delle conventicole letterarie, teatrali, e cinematografiche. Sino a qualche decennio fa se non si era sospettati di omosessualità non si trovava sistemazione nei ruoli della celebrità. Gli omosessuali erano una organizzazione erotica privilegiata, altri gruppi che seguivano istinti sessuali diversi non hanno mai goduto degli stessi vantaggi.. L'omosessualità, da sola, in Italia non fa più scandalo. La confessano seminaristi, cardinali, alti prelati, alti governanti, ambasciatori e altri. Un tempo alla pederastia invece si associava un'idea di angoscia. Questa predisposizione diffusa in diverse graduazioni in tutti gli uomini viene strombazzata da chi ne è fiero titolare e vuol far sapere che è dotato di un particolare dono spirituale. Basta dichiarare apertamente che a una donna si preferisce il garzone del fornaio per vedersi ammantati di qualità. Rivelarsi dall'urgere di certe propensioni, come fa Leo Gullotta, conserva immutata la nostra stima verso di lui sia come attore sia come comico. Gullotta è troppo intelligente per poter battere grancassa pubblicitaria con questa rivelazione. Evidentemente in Champagne qualcuno si deve essere accorto che lo spettacolo ha un'alta audience tra gli uomini e non molta tra le donne. Gullotta tenta una correzione. Sbaglieremo e siamo pronti a correggerci, tuttavia questo gioco non risponde ad esigenze e a una morale anticonformista, ma a una moda, ad un diverso conformismo vagamente immoralista. Si ha un certo pudore a scrivere simili giudizi per paura di dire sciocchezze o per il rischio di essere confusi con i censori o con i bigotti, la posizione del moralista è la più sterile e controproducente: quello che occorre chiedersi è se queste rivelazioni abbiano senso e donde nasca la loro scucita insulsaggine, la loro gratuità. In Francia per sottolineare che una persona ha fortuna si dice che ha «le pon pon», che volto in lingua italiana equivale a «avere il fiocco». Forse Gullotta ha voluto dirci spiritosamente che ha avuto una gran fortuna. Non è più il tempo in cui nel mondo delle lettere e nel mondo del cinema per brillare più del tuo vicino bisogna rendersi illustri con imprese amatorie, segnalate, elencate, celebrate dai più, esecrate dai moralisti. Se il gioco diventa pari per tutti, se l'essere gay non porta più danno a nessuno, e non procura più indignazione né prestigio, il personaggio del dannato svanisce; la democrazia omosessuale gli toglie l'esistenza. Lo rende ridicolo. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** VIDEOCAMERA CON INTERVISTA A GIOVANNI MINERBA, DIRETTORE DEL FESTIVAL GAY di Roby Dranischi Abbiamo raggiunto nel quartier generale del Festival Internazionale "Da Sodoma ad Hollywood" il direttore Giovanni Minerba che, tra l'arrivo della "pizza" di un lungometraggio e la catalogazione di un documentario, ci ha concesso un'intervista: INFORMAGAY - Dieci anni di festival... innanzitutto come è nata questa manifestazione e soprattutto l'idea di fare un festival gay a Torino? MINERBA - Io e Ottavio [Mai, N.d.R.] abbiamo cominciato a fare cinema già nel 1981-82 e con i nostri piccoli lavori, video, eccetera, andavamo ai vari festival in giro per il mondo, vedevamo tanti film che in Italia non arrivavano e ci chiedevamo come mai, nei primi anni Ottanta, opere con queste tematiche non giungevano da noi se non alcune di particolare commercialità; ci siamo allora chiesti: perché non cerchiamo anche noi di organizzare un festival? Abbiamo provato con le varie istituzioni, per due o tre anni non è successo niente, hanno sempre rifiutato, non hanno mai prestato attenzione alle nostre proposte, poi nel 1986 è cambiata la situazione politica a Torino, è arrivato un assessore "illuminato" e abbiamo cominciato a fare una piccola rassegna di dieci, dodici film che poi anno per anno è cresciuta a venti, trenta film sino ad arrivare ai 140 di quest'anno. In realtà, più che il numero dei film, è stato il tipo di organizzazione che è cambiato di volta in volta sino a realizzare una vera struttura di festival. I - Quindi grazie a questo assessore sono arrivate le sovvenzioni economiche ed i fondi necessari? M - Sì, grazie a questo assessore sono arrivati i soldi che, a quei tempi, erano molti: nel 1986 abbiamo avuto 15 milioni per organizzare questa rassegna ed erano tanti in proporzione ai 150 di quest'anno. I - Secondo lei come è cambiata la realtà del mondo gay e intorno ad esso in questi dieci anni e quali sono le differenze riscontrabili nei film? M - Qualche progresso c'è stato... non so però se è cambiato molto rispetto proprio al discorso di vita gay, rispetto alle vecchie generazioni, anche se le nuove generazioni hanno un nuovo modo di pensare, di esprimersi, di farsi vedere e conoscere. indubbiamente oggi è diverso ma non penso che sia una cosa generalizzata.. Le nuove leve di cineasti vengono fuori anno per anno e quindi non si può fare un discorso generazionale.. I - Quest'anno il cinema compie cent'anni: qual è, secondo lei, l'importanza della settima arte per divulgare la cultura gay? M - E' assolutamente un mezzo importantissimo... posso dire che il pubblico che viene al nostro festival non è assolutamente gay e questo per me è importante e si capisce che non solo ai gay interessa un certo tipo di cultura; questo nei primi anni non succedeva: c'era più pubblico omosessuale. Il cinema è un mezzo che viene usufruito da tutti e quindi chiunque può capire qualcosa attraverso un film: se si va a vedere sul grande schermo un'opera con una tematica sconosciuta si ha la possibilità di entrare in un nuovo mondo... Io non vado a vedere film gay perché son gay ma, anzi, ciò che è differente dalla mia cultura, dal mio essere omosessuale, lo scopro anche attraverso un discorso diverso. Non accetto, però, il discorso che il gay è più bravo, più tutto ma è una persona come tante... quindi se una persona non gay va a vedere un film gay si rende conto meglio di com'è la realtà omosessuale: è questo che abbiamo cercato di fare in questi anni, rispetto ai film che abbiamo scelto e proposto; ci siamo sempre sforzati di evitare il discorso di stereotipo soprattutto per il pubblico non gay interessato a conoscere questo aspetto della vita. I - Comunque per la comunità gay è un evento molto importante, c'è un clima particolare in attesa e durante il festival... M - Non per tutta la comunità gay: io sono rimasto sconvolto quando tre anni fa un mio amico s'è trovato su una spiaggia a Sitges con un gruppo di dieci italiani di cui nove torinesi e tra questi ben otto non conoscevano il festival. Penso che una buona parte dei gay torinesi non venga alla manifestazione, forse veniva i primi anni perchè era una novità. I - Comunque il riscontro del pubblico l'altr'anno è stato molto positivo e la presenza di gay era massiccia... M - Sì, il pubblico aumenta anno per anno, nel giro di tre anni è aumentato all'incirca del 50 per cento. Speriamo che aumenti anche in quest'occasione, visto che abbiamo tre sale... I - E' già una conquista: l'importante è che la notizia dell'esistenza di questo festival si diffonda il più possibile, non crede? M - Sì, infatti. Oggi è arrivato un inviato del Tempo e io sono rimasto sorpreso che un giornale di destra scriva delle recensioni sul nostro festival: speriamo che questo serva a far sì che queste persone si interroghino sulle loro posizioni a questo proposito... Staremo a vedere che cosa scrivono! I - "Da Sodoma ad Hollywood" è anche un modo per uscire allo scoperto: ci sono gay che non frequentano i locali e approfittano del festival per circolare nell'ambiente. Che cosa ne pensa? M - Effettivamente vedo persone gay che non ho notato in nessun altro posto. E' importante che sia un'occasione per socializzare per chi preferisce venire qui piuttosto che andare in discoteca. I - Ultimamente il cinema presta una particolare attenzione agli omosessuali: pensiamo a film di successo come Philadelphia, Il banchetto di nozze, Priscilla; secondo lei è solo una questione di costume destinata a passare di moda o ha un significato più profondo? M - Sono tutte e due le cose... devo dire che più di uno di questi film che è uscito nelle sale non mi è piaciuto. A molti gay è piaciuto Il banchetto di nozze, io ho qualche problema a condividerne l'opinione; Uomini l'ho visto per metà, nell'altra metà ho dormito... Fragola e Cioccolato, con cui avremmo dovuto aprire il festival l'anno scorso è un film che non mi ha soddisfatto al cento per cento: veniva fuori il solito stereotipo dell'omosessuale... non importa che sia stato ambientato negli anni Settanta a Cuba: quello che il pubblico non gay senza una certa apertura mentale vede di fronte è per l'ennesima volta lo stereotipo, rimane con la coscienza a posto e pensa: "Quelli sono loro, io sono altro". I - Quest'anno il programma è ricchissimo e molteplici le nuove sezioni... M - E' vero. Vedere tutto è praticamente impossibile, dopotutto i festival sono strutturati in modo da dare un'ampia possibilità di scelta e la replica dei film c'è unicamente per quelli in concorso, anche per dare un'opportunità in più alle giurie. C'è la retrospettiva che è una sorta di storia di cent'anni di cinema gay: non è ovviamente completa, sarebbe stato impossibile, ma abbiamo cercato di recuperare alcuni film significativi che magari le nuove generazioni non hanno visto. E' un'iniziativa che probabilmente ripeteremo. I - Riguardo alle tematiche trattate, è stato scritto che rispetto all'anno scorso c'è più attenzione al rapporto tra gay e religione... M - Sì, c'è un'opera del '93 che tratta la storia di un sacerdote ed è precursore di film come "Il prete"; c'è un documentario molto bello che tratta di una comunità in Canada di cattolici praticanti che discute della propria sessualità. I - E' vero che c'è una minore drammaticità nell'affrontare molti argomenti? M - Sì, c'è la scoperta di una parte femminile che preferisce ridersi addosso piuttosto che farsi ridere addosso, autoironizzare; sino a qualche anno fa la maggior parte dei film erano molto drammatici, di autocoscienza, per carità, importantissimi, ma i nuovi autori e le nuove autrici hanno uno spirito diverso. I - Il Premio Ottavio Mai ha avuto molto successo. Di che cosa si tratta? M - E' un premio che cercavamo di realizzare da anni quando c'era ancora Ottavio. L'idea era di organizzare un concorso per la sceneggiatura di un cortometraggio e dare quindi la possibilità ad un autore di realizzare questo film, anche per incentivare la produzioni di corti oltre che di lungometraggi in Italia. Non siamo purtroppo mai riusciti a farlo finché c'era lui; poi, quest'anno, insieme all'Aiace e all' Unistudio siamo riusciti ad imbastire questo premio e a fare questo concorso. Ha avuto molto successo e sia noi che i giurati non ci aspettavamo un risultato di questo tipo. Ci sono arrivate 85 sceneggiature! Questo mi incoraggia e nello stesso tempo mi dispiace perché significa che c'è in Italia una potenzialità notevole di autori che vogliono interessarsi di queste tematiche ma una gran parte di loro non riesce a produrre. Certamente lo ripeteremo, assegnando magari due premi anziché uno. I - Ritornando all'organizzazione del festival, abbiamo letto che c'è stato il boicottaggio di Alleanza Nazionale. Che cos'è successo di preciso? M - E' successo quello che succede tutti gli anni da dieci anni: per nove anni l'ha fatto la Democrazia Cristiana, quest'anno si son dati il cambio... Mi aspettavo che accadesse, infatti, quando è arrivato questo comunicato ai giornali, e i giornali mi han cercato, io non ho risposto. I - In particolare, com'è il rapporto tra il festival e le associazioni gay torinesi? M - Non c'è mai stato un grosso rapporto con le associazioni gay torinesi a parte in alcune circostanze con Informagay piuttosto che col Fuori o con alcuni personaggi... Noi abbiamo sottolineato più di una volta alcune esigenze, proprio in confronto a quello che succede negli altri paesi e che potrebbero fare le associazioni gay. Evidentemente c'è un discorso diverso a livello di mentalità oppure non c'è ancora una crescita rispetto a questo confronto: in altri paesi il movimento gay c'è da più anni e in occasione dei festival le associazioni gay organizzano premi, feste, oppure quando esce un nuovo film di un autore gay si occupano della presentazione dell'opera, aiutano a trovare fondi per questi nuovi autori. Lo scorso anno c'è stato qualche scontro perché da parte di qualche associazione gay c'era la pretesa di essere presente al festival con un banchetto con i loro dépliants. Noi non abbiamo mai voluto fare questo perché riteniamo che si debba fare un discorso diverso da quello dell'associazionismo rispetto a una manifestazione di questo tipo perché il pubblico non gay che va al cinema difficilmente trova chi distribuisce volantini o fa firmare petizioni, cioè non vuole essere "disturbato", e poi, comunque, attraverso il nostro festival passa un discorso politico... Non vedo la necessità che davanti all'entrata del cinema ci sia il banchetto dell'associazione: i volantini sono in distribuzione alla cassa. Per la serata finale è stata organizzata una festa al Matisse: in altri paesi ci sono tutte le sere, è una cosa normale... I - Scorrendo il programma, saltano all'occhio molte novità, tra cui una compilation di videoclip, il trittico Ludwig, tre film su re Ludwig di Baviera, una conferenza-spettacolo su cinema e pornografia, c'è molta varietà... M - Ce n'è veramente per tutti... Sfido chiunque a dire che non c'è niente di interessante! I - Tra l'altro il Festival Internazionale Gay è un evento unico in Italia, non è vero? M - E' l'unico insieme a quello di Londra in Europa. Ci sono in Germania, Spagna e Francia piccoli festival simili alle nostre rassegne di qualche anno fa. In Europa siamo i più anziani: abbiamo dieci anni mentre il festival di Londra ne ha nove, quindi abbiamo più tradizione! I - I progetti futuri per la manifestazione? M - Per noi è sempre un punto interrogativo, non abbiamo mai certezze ufficiali; la Regione e la Provincia per quest'anno non si sono ancora pronunciati: abbiamo organizzato il festival al buio e se non arrivano i finanziamenti - facciamo le corna - i progetti futuri saranno di scappare per non pagare i debiti... I - Speriamo che il pubblico aiuti a far sì che il festival sopravviva... M - Speriamo per tutti! ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Torino, dal 3 al 9 aprile il 10° Festival omosessuale *** «DA SODOMA A HOLLYWOOD» MENO DRAMMI E PIÙ RISATE la stampa ven 24/3/95 Cristina Caccia TORINO. Schermo omosessuale? Meno tragedia e maggiore senso dell'humour. Con una coda di polemica per un'interrogazione del capogruppo di An in Comune sul perché dei contributi all'iniziativa, è stato presentato ieri a Torino «Da Sodoma a Hollywood». Il Festival internazionale di film con tematiche omosessuali è alla sua decima edizione: un numero tondo che gli organizzatori non hanno mancato di sottolineare. La rassegna, infatti, è in cronica mancanza di soldi, e anche quest'anno si fa in stretta economia. «Il Comune ci ha dato 150 milioni - spiega il direttore Giovanni Minerba - e Benetton, nostro sponsor da 4 anni, altri 20. Facciamo un festival di questo livello con neppure 200 milioni, grazie alla collaborazione di persone che hanno lavorato a costo quasi zero. Sembra impossibile essere arrivati fin qui, compiere dieci anni». Ma a parte i problemi di rito, l'iniziativa festeggia con un programma più nutrito del solito. Più giorni di festival (dal 3 al 9 aprile), più sale (proiezioni alla sala Uno, Due e Tre del cinema Massimo), e naturalmente più film, «anche per onorare il centenario». E a questo proposito non manca nel programma una retrospettiva intitolata «Attraversando cento anni di cinema», in cui sono proposto una trentina di film che, dicono gli organizzatori, «porteranno a ritrovare, o a conoscere, i temi e le pulsioni gay e lesbiche che sono stati parti vitali di tanti film più o meno celebri». Tra gli eventi speciali, sarà ricordato un altro anniversario, il centocinquantenario della nascita di Ludwig II di Baviera, con la proiezione di tre film, tra cui quello di Luchino Visconti, del '72, restaurato dalla Cineteca Nazionale, e in anteprima quello del '93 di Donatello e Fosco Dubini. Un po' di numeri. In concorso sono dieci i lungometraggi, ventuno i corti, undici i documenti. «Siamo soddisfatti. Quest'anno offriamo - dice Minerba - il meglio della produzione recente. In tutto, la rassegna propone quasi 150 titoli, che spaziano attraverso tutti i generi: dall'arte al sesso, dall'amore alla comicità, dalla crudeltà all'Aids, all'incesto: senza riserve e senza inibizioni». Tendenze tematiche, questo decimo festival, ne suggerisce perlomeno due. Da un lato la presenza di più pellicole che si pongono il problema del rapporto omosessuale-religione, come il canadese «Body of dissent» e lo statunitense «Public opinion». Non a caso al FilmFest di Berlino ha fatto parlare il film scandalo di Antonia Bird «Il prete». L'altra tendenza che si nota è il superamento degli argomenti tragici tout court, verso una maggiore varietà di approccio ai temi dell'omosessualità. Sono più numerosi, ad esempio, i film comici, che danno largo spazio alla sdrammatizzazione, ironizzando sui luoghi comuni della «diversità». «Ci sarà poi una giornata dedicata a Weimar, una serata sulle "vampire" - ricorda Minerba - quattro special tv, una conferenza spettacolo di Richard Dyer sul cinema pornogay, una minirassegna di videoclip, oltre a una panoramica italiana». Tra i film da citare «Glen or Glenda» di Edward Wood Jr, culto dei cinefili, «The times of Harvey Milk» di Epstein e Schmiechen, Oscar '85 come miglior documentario, e il messicano «La reina de la noche» di Ripstein, che conclude il festival. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Continua il ciclo di incontri politici «La Destra fa finta che gli omosessuali non esistano, la Sinistra fa finta che esistano» InformaGay incontra Rifondazione Comunista *** NON SOLO VENDOLA ... E A PARTE VENDOLA? di Franco Mittica Dopo gli incontri con gli esponenti del Pds e di Alleanza Nazionale, con un salto lungo quanto l'intero arco costituzionale, il 16 marzo InformaGay ha incontrato il Partito della Rifondazione comunista. Gli ospiti di InformaGay sono stati Franco Quesito, presidente del Comitato Federale del PRC e Barbara Tibaldi, del Coordinamento Giovani Comunisti. Un incontro molto tranquillo, specie se confrontato con il precedente (quello con AN), ma non privo di qualche momento di contrasto. Dopo le presentazioni iniziali, Quesito ammette che il tema «omosessualità» all'interno di Rifondazione è, almeno a Torino, un argomento poco approfondito. Però, ci tiene a precisare, quello delle libertà civili è uno dei temi che più stanno a cuore al partito, al punto che lo slogan di un recente congresso è stato «Liberamente comunista» dove in quel "liberamente" bisogna includere ogni tipo di libertà. Il discorso si sposta subito su quello che è considerato il documento più importante a proposito delle libertà e dei diritti dei gay. Qui Quesito non ha dubbi o esitazioni nell'illustrare la posizione del suo partito: tutti gli europarlamentari di Rifondazione a favore della Risoluzione l'8 febbraio del 1994 e tutti i consiglieri comunali di Torino hanno votato a favore di un documento che aderiva ai principi della Risoluzione e invitava Parlamento e Governo a legiferare secondo tali principi. Dice Quesito: «Nei fatti si vede come l'argomento omosessualità non è certo il primo dei nostri pensieri ma quando per un motivo o per un altro dobbiamo pensarci e prendere delle posizioni, queste sono sempre ben chiare, anche tra i militanti più anziani che si sono formati politicamente in un periodo in cui nel partito esistevano ben altre posizioni». Barbara Tibaldi non perde a questo punto l'occasione di sottolineare come il PRC, in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento Europeo, abbia inserito nel programma elettorale l'adesione ai principi della Risoluzione e l'impegno all'emanazione di una direttiva che recepisse gli inviti contenuti nella Risoluzione stessa, unico partito, insieme ai Verdi, a non aver paura di parlare dei gay in campagna elettorale. Interrogati personalmente sull'argomento "adozioni ai gay", Quesito si lancia in una serie di considerazioni professionali (fa lo psicanalista) e Barbara Tibaldi ci racconta l'esperienza di un suo amico gay che ha accolto un bimbo in affidamento con risultati molto positivi. Ma dopo questo stacco su considerazioni personali, il dibattito ritorna subito politico con un campanello d'allarme fatto squillare da Quesito sui pericoli del risorgere dell'integralismo clerico-fascista e sul bisogno di arginare questi rigurgiti sostenendo forze politiche capaci di prendere posizioni talvolta scomode in un paese cattolico, ma indubbiamente chiare. Nuova domanda su fatti concreti: «Ma, in soldoni, Rifondazione Comunista cosa può dire di aver fatto per i gay?» Risposta costernata ma sincera di Quesito: «Poco!». Intervento della Tibaldi: «Quello che è stato fatto lo si deve esclusivamente all'opera di Nichi Vendola, che ha preso delle iniziative e soprattutto è riuscito a portare l'omosessualità tra gli argomenti di dibattito interno al partito. Probabilmente senza Nichi anche noi non avremnmo prodotto altro che belle dichiarazioni di intenti e forse neanche quelle». Secondo la Tibaldi, le associazioni come InformaGay dovrebbero cercare di penetrare maggiormente all'interno dei partiti, far nascere il dibattito e non solo pungolare dall'esterno: «Un po' come è successo per le donne, che hanno trovato spazio e portato tutto il partito ad occuparsi della questione femminile solo quando hanno deciso di impegnarsi in prima persona». L'invito fatto ai presenti quella sera è estensibile a tutti i nostri lettori: Pare che all'interno di Rifondazione ci siano spazi disponibili per chi vuole occuparsi dei diritti civili dei gay. Forse quindi, dopo aver parlato dell'omosessualità come di un sintomo della decadenza borghese, oggi il loro compagno Karl Mark potrebbe dire: «Gay e lesbiche di tutto il mondo, unitevi!». InformaGay incontra Forza Italia *** FROCIA ITALIA di Franco Mittica Di sproloquiatori sulla par condicio non se ne può veramente più. È quindi doveroso chiarire che se dopo il quarto incontro politico presso la sede di InformaGay il punteggio tra Destra e Sinistra è fissato sul due pari, ciò è dovuto solo al caso e alla disponibilità degli invitati. Ultimo incontro, prima di una lunga pausa preelettorale, del ciclo «la Destra fa finta che gli omosessuali non esistano. La Sinistra fa finta che esistano», Giovedì 30 marzo quello tra InformaGay e Forza Italia. A spiegare qualcosa di questa nuova realtà politica sono venuti a trovarci Angelo Burzi, coordinatore provinciale del club Forza Italia e Marcello La Rosa, della direzione provinciale del movimento. Eh già, movimento, come subito mi ha corretto Burzi quando impropriamente, nel presentarlo, ho parlato di partito. E, sempre Burzi, per chiarirci subito le idee, ha specificato: movimento verticistico, anzi teocratico. E chi sia il "theós" del movimento non è certo difficile da indovinare. Ci ha subito spiegato Burzi che se il loro leader Silvio Berlusconi fosse stato presente tra noi, avrebbe certo fatto valere le sue doti di Grande Comunicatore e sarebbe sicuramente riuscito a rendersi simpatico e a rendere simpatico il movimento meglio di chiunque altro. Chi vi scrive ha avuto come la sensazione che il dottor Burzi non impazzisse per Berlusconi, ma ribadisco, è solo una sensazione. Come con tutti gli altri ospiti politici il dibattito ha preso corpo partendo dalla famosa Risoluzione del Parlamento Europeo dell'8 febbraio 1994 sui diritti degli omosessuali. Burzi ci ha detto di essere d'accordo con i principi della Risoluzione, ma ha avanzato il sospetto che Sua Emittenza, legato al concetto cattolico di famiglia, non lo fosse altrettanto, almeno su unioni civili e adozioni. Ma, ha ribadito: «Credo che se fosse qui, cercherebbe di convincervi del contrario». Domanda maligna sorta spontanea: «Ma allora, dobbiamo diffidare?» risposta: «Ogni politico cerca sempre di catturare il consenso di chi lo sta ad ascoltare». Secondo i nostri ospiti la forza del loro movimento sta nell'essere un qualcosa di assolutamente nuovo sulla scena politica italiana: un grande movimento liberale e libertario, sganciato dai due grandi dogmi (cattolico e marxista) che hanno caratterizzato la storia della Repubblica Italiana. Secondo La Rosa bisogna sostenere Forza Italia fino a farla diventare la realtà più influente del polo di Centro Destra, in modo da ridimensionare il peso che all'interno del Polo stesso hanno le forze più reazionarie sia clericali che post-fasciste. Secondo chi stava ad ascoltare invece, proprio le alleanze con le forze clerico-fasciste sono un forte deterrente per chi, gay, volesse dare fiducia al Cavaliere. Per quanto riguarda più direttamente la questione omosessuale, Burzi dice che nel paese esistono ben altre priorità e quindi spendere energie su questioni marginali verrebbe visto dagli elettori come una perdita di tempo. Lo abbiamo già sentito questo discorso, e non ci piace: ci sarà sempre qualcosa che verrà considerato più importante degli omosessuali e seguendo questa logica di noi non si parlerà mai. E pi, sottolineiamo, esponenti importanti di Forza Italia come il capogruppo al Senato La Loggia o l'eurodeputato Mezzaroma hanno dimostrato di avere trovato il tempo per occuparsi degli omosessuali firmando la petizione antigay dei Comitati per l'Ordine Naturale e Cristiano della famiglia e sostenendo in accese conferenze stampa i suddetti comitati. Di fronte a queste realtà e di fronte alla lettura delle dichiarazioni di Mezzaroma preoccupato che suo figlio possa un giorno decidere di sposare...Tarzan, l'imbarazzo di Burzi ci è parso evidente e sincero: «Purtroppo all'interno di tutte le forze politiche ci sono persone becere e retrive. All'interno di Forza Italia, poi, c'è di tutto: ex diccì, ex craxiani, ex liberali, il ccd eccetera. Bisogna saper scegliere e far crescere le forze libertarie isolando le altre». «Ma come, dottor Burzi, non sa che a Strasburgo, durante il voto di una risoluzione sulla famiglia, un paragrafo che chiedeva il riconoscimento di forme familiari diverse da quella tradizionale è stato bocciato grazie anche al voto compatto di Forza Europa?» E Burzi: «Bisogna aiutare a crescere alcune istanze che all'interno di Forza Italia esistono in germe». Ma sorge un problema: e se il Grande Capo, l'Unto dal Signore non è d'accordo, come sarà possibile? Forza Italia è un movimento il cui coordinatore nazionale non è stato eletto dalla base ma "unto dall'unto". E qui il sottoscritto ha avuto la sensazione che anche Previti no fosse in cima alle simpatie di Burzi, che ha definito l'ex ministro della difesa "l'untino" e ha citato il motto «Previti, se lo conosci lo eviti». Dice ancora Burzi: «Bisogna aiutare Forza Italia a diventare un partito democratico, io vorrei arrivare al giorno in cui si dirà "Voto per Forza Italia" e non più "Voto per Berlusconi"». Forse è vero, ma è anche vero che fino a quando certe istanze ora presenti «in germe» non diverranno basi solide, Forza Italia non può pretendere che i gay le diano fiducia. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il Senato del Montana approva una legge antigay è lotta tra partito repubblicano e democratici *** USA, POLEMICHE PER LA SCHEDATURA DEGLI OMOSESSUALI repubblica 24/3/95 di A. Zamp New York - Tra l'indignazione dei movimenti per i diritti civili, l'inutile opposizione democratica e la diffidenza dei vertici nazionali del partito, i repubblicani dello Stato americano del Montana, hanno approvato una legge al Senato per la schedatura dei gay. In pratica, se il provvedimento sarà votato anche dalla Camera, i condannati per «atti omosessuali» (nel Montana costituiscono un reato) saranno iscritti automaticamente nello stesso registro degli stupratori e molestori di bambini. «È uno scandalo! Sono cose da nazisti!», ha denunciato un militante gay nel corso di un corteo ad Helena, la capitale del piccolo Stato (almeno in termini di popolazione: ha meno di un milione di aabitanti). I parlamentari del partito democratico hanno promesso di fare di tutto per bloccare la misura alla Camera, dove dispongono però solo di 33 voti contro i 67 dei repubblicani. E questi ultimi non si mostrano impauriti dalla polemica né da una certa diffidenza manifestata aWashington, dove persino Newt Gingrich, il paladino della nuova destra, è sempre stato prudente sulla questione dei gay (anche perché ha una sorella che è lesbica-militante). I repubblicani del Montana sostengono che la misura ha un significato soprattutto simbolico, visto che nessun uomo è mai stato condannato per una notte col fidanzato, nessuna donna per un bacio appassionato a una compagna, e quindi nessuno sarà mai schedato. «Abbiamo una visione un po' tradizionale del problema», ha commentato quasi vantandosi, il presidente del senato Bob Brown. *** MONTANA, MARCIA INDIETRO SULLA SCHEDATURA DEI GAY Repubblica ven 25/3/95 NEW YORK. Il senato del Montana ha cancellato, in seguito a forti proteste popolari e dell'opposizione democratica, una legge che avrebbe posto gli omosessuali nella stessa categoria di assassini e stupratori. Il senato, dominato dai repubblicani, ha votato all'unanimità per abrogare gli articoli controversi che avevano suscitato l'indignazione dei gay e dei gruppi che si battono per la difesa dei diritti civili. Nei giorni scorsi i repubblicani avevano votato compatti per l'approvazione della legge che, se fosse stata votata anche dalla camera, avrebbe fatto sì che anche i condannati per "atti omosessuali" - un reato in Montana - sarebbero stati iscritti automaticamente nello stesso registro di assassini, stupratori e molestatori di bambini. Un senatore repubblicano, Al Bishop, che aveva sostenuto che gli atti omosessuali «sono peggiori di una violenza sessuale», ieri ha fatto marcia indietro sostenendo di essere stato frainteso. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- GRAZIE A.... *** A FUTURA MEMORIA di Francesco Pivetta Francesco Pivetta è il Presidente di Forum Aids Italia e de "Il Tram dei Devianti" di Genova, una delle associazioni federate ad Azione Omosessuale. La federazione di associazioni gay e lesbiche sarà presente alla manifestazione nazionale indetta per il 25 aprile a Milano. Appuntamento quindi a tutti coloro che vogliono incontrarci. Laddove finisce la terra e incomincia il cielo c'è un orizzonte piatto che tutti vedono ma nessuno riconosce. Quando si parla di Olocausto, le cifre affiorano subito alla memoria: 6 milioni di ebrei, 100 mila nomadi, migliaia di oppositori politici, 250 mila malati di mente. Ma moltissimi, sistematicamente, dimenticano gli omosessuali seviziati, umiliati nella carne e nello spirito, eliminati ad Auscwitz e negli altri campi di concentramento e di sterminio. Era un triangolo rosa il simbolo della loro infamia. Quando sono tornati a casa, quelli che sono riusciti a tornare a casa, forse hanno fatto vedere a parenti e amici il numero della matricola tatuato sul braccio, ma del triangolo rosa è difficile che abbiano raccontato. Quei 10 mila o 15 mila omosessuali che ultimamente gli storici cercano di individuare tra i grandi numeri di coloro che sono passati attraverso i camini dei forni crematori e che sono finiti nelle fosse comuni dei senza nome ( il tasso di mortalità degli omosessuali nei campi di concentramento - secondo Rüdiger Lautmann - sfiorava il 100%) sono i morti più dimenticati, i meno celebrati nella memoria collettiva, i più oltraggiati dall'oblio. Perché? Gli eterosessuali, come gli omosessuali d'altronde, la memoria se la trasmettono in famiglia, di padre in figlio. E la memoria degli omosessuali - ecco la differenza - è sempre quella degli etero, di papà, di mamma, di nonno... Non avendo discendenza a cui trasmettere ricordi, fino ad adesso, non hanno voluto o potuto trasmetterli neppure agli altri omosessuali. Il mondo femminile ha memoria e coscienza di sé, di madre in figlia; gli ebrei, poi, sono un popolo, una fede, una tradizione, che nessun pogrom è riuscito a sradicare dalla propria identità, neppure la shoa. Forse, grazie a loro, Auscwitz non è stata dimenticata e brucia, brucia ancora. Deve bruciare. Forse, grazie a loro, si è continuato a rovistare negli archivi, si è trovato il piano sistematico per eliminare un'umanità che i nazisti definivano "diversa", "asociale", "subumana": ebrei, zingari, portatori di handicap e, in fondo alla lista, scovati solo di recente, gli omosessuali. In fondo alla lista perché non hanno memoria come gli ebrei, perché non sono una tribù come i Rom, perché non hanno un'idea da difendere come gli oppositori politici del nazifascismo, una bandiera da passare di mano in mano. Ultimi perché la loro è stata solo una condizione sessuale a marchiarli da Sodoma in poi, addirittura da prima che gli ebrei venissero perseguitati, molto prima che gli zingari arrivassero in Europa, millenni prima che opposizione politica volesse dire qualcosa per qualcuno. Il comandante di Auscwitz, Rudolph Hoss, nelle sue memorie si lamenta perché gli omosessuali del suo lager "alla minima occasione erano subito l'uno nelle braccia dell'altro e, anche se erano fisicamente malridotti, perseveravano nel loro vizio". Ecco, quel vizio ha forse dato affetto, calore umano, sorriso a qualcuno che in quel lager è morto, a qualcuno che è sopravvissuto e che, tornato a casa, non ha avuto la forza di raccontare. Il 25 aprile il movimento omosessuale scenderà in piazza con tutti coloro che riconoscono un valore. Cinquant'anni dopo sarebbe il caso di ricordare chi è morto tra le braccia di una persona del suo stesso sesso. A molti non piacerà commemorare anche questo: mescolare Resistenza e intimità fisica risulterà stonato ai più; per noi, invece, è doveroso farlo. È per via della nostra sessualità che noi riusciamo a «definire noi stessi in un mondo che non ha mai parlato di noi e neppure ci ha permesso di farlo» (Derek Jarman). «Le pedagogiche attenzioni dei nazisti non tralasciarono tentativi di "curare" l'omosessualità con i metodi dello sperimentalismo terapeutico tipico di alcuni campi di sterminio. Che non di rado si concludono con la morte dei pazienti» (Gianni Rossi Barilli, il Manifesto del 2/2/95). Nei lager erano normali «gli atti di sadismo da parte delle SS, come i pestaggi a morte, nonché regole di vita speciali, destinate a impedire che i detenuti ricadessero nello stesso vizio» (Gianni Rossi Barilli). Un certo numero di vittime (in un dettagliato saggio sull'argomento Rüdiger Lautmann sostiene che «non sarà mai stabilito con esattezza, perché la documentazione sul loro conto fu tenuta in modo troppo impreciso») e un discorso, quello di Himmler nel 1937 ai suoi collaboratori («il 7 oppure l'8 o addirittura il 10% degli uomini sono omosessuali. E se la situazione non cambia il nostro popolo sarà annientato da questa malattia contagiosa»), è il poco che ci resta: l'accusa di un vizio, il terrore di una malattia contagiosa, 10 mila, forse 15 mila desaparecidos per curare il mondo. Oggi, 50 anni dopo, vogliamo essere noi, i gay e le lesbiche del movimento, a ricordare quei morti con l'orgoglio di sentirli parte del nostro riscatto e con il coraggio di rivendicarli in faccia al mondo. «La rimozione dello sterminio, almeno ai massimi livelli di ufficialità, è rimasta intatta» ed anche il 25 aprile, nei discorsi ufficiali, difficilmente si parlerà di quelle vittime. Vizio, questo, tutto italiano, che proviene da molto lontano, da quando, tra il 1936 e il 1939, il questore di Catania, Molina, condannò al confino politico 42 omosessuali. Nella sua relazione si lamentò «della scandalosa visibilità che a suo dire avrebbe raggiunto la pederastia a Catania: in passato, il pederasta e il suo ammiratore preferivano le vie solitarie» (Giovanni Dall'Orto, «Omosessualità e razzismo fascista»). Se noi tacessimo oggi, come venimmo zittiti allora, continueremmo a non dare scandalo: è la visibilità che dà noia, che ha fatto parlare di malattia contagiosa Himmler e di vizio Hoss. Ai fascisti nostrani, addirittura, non piacque l'idea che in Italia ci fossero degli omosessuali, si preferiva seppellire (il caso del questore di Catania fu un'eccezione) l'idea di perseguitarli, semplicemente negando il problema. «Si osservi che negare addirittura che un gruppo perseguitato costituisca un gruppo, è la forma più raffinata di razzismo, perché pur non rinunciando a perseguitare per la sua "diversità" chi del gruppo fa parte, si nega addirittura che egli o ella esista (in quanto membro del gruppo) e soprattutto che esistano le sofferenze causategli dalla persecuzione» (Giovanni Dall'Orto). ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** GAY IN OFFERTA SPECIALE. TUTTO COMPRESO. di L'Arcangelo «una morale dell'amore in cui l'amore non esiste più. ma non cessa tuttavia di essere nominato. ecco la strada della perversione e di tutti i disastri» (Maurice Bellet) Ho letto presso la sede di InformaGay, ben esposta ed a caratteri cubitali, la lettera scritta da "Famiglia Domani Flash" e ho deciso di scrivere perché le ingiustizie, quando sono così gravi, non è giusto lasciarle proseguire senza protesta . Leggendo le prime righe della suddetta lettera, confesso che ho fatto un po' di fatica a capirne la matrice poiché in un primo momento avrei detto che fosse stata scritta da una "banda di naziskin"; solo dopo ho capito che invece si trattava di un "casto" gruppo cattolico poiché tali si dichiarano. Per chi non fosse a conoscenza del contenuto di tale lettera tenterei di fare delle osservazioni citando alcuni "pezzi". È indirizzata a tutti i cittadini, tranne che, a quelli omosessuali, ovviamente, e si afferma «l'omosessualità NON deve essere tutelata né promossa dalle leggi del nostro paese» e ancora «l'omosessualità è stata non solo condannata dalla Chiesa e dalla coscienza dell'Occidente cristiano....... che l'hanno sempre bollata d'infamia». Dal linguaggio adottato, sin dalle prime righe, mi chiedo se chi ha scritto questa lettera conosce fino in fondo la carità cristiana e le opinioni ecclesiastiche in materia; forse non si sono resi conto che in questi ultimi anni al contrario di 20 anni fa, la Chiesa ha incominciato a parlare degli omosessuali (non certo con i toni espressi nella sopracitata lettera) ed a rendersi un po' più disponibile al dialogo. Nella Dichiarazione Persona humana si afferma: «Nell'azione pastorale, gli omosessuali devono essere accolti con comprensione e sostegno nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro disadattamento sociale. La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza; ma non può essere usato nessun metodo pastorale che, ritenendo questi atti conformi alle condizioni di quelle persone, accordi loro una giustificazione morale» (Persona Humana, 8, EV v. 5, 1729). Nel 1990 inoltre, il bimensile cattolico «Famiglia Oggi» ha dedicato un intero numero sul problema dell'omosessualità e posso assicurare con assoluta tranquillità che infondeva coraggio e un effetto liberatorio. Mi chiedo oggi, che cosa è cambiato se un altro giornale che si dichiara anch'esso «cattolico» abbia non solo una visione totalmente opposta ma ha assunto un linguaggio a dir poco intollerante e degradante che non ha nulla a che vedere con le norme che dovrebbero esserci in un paese civile e democratico. Cosa vuol dire, per esempio, per costoro che l'omosessualità non deve essere tutelata? Gli omosessuali per quanto possa sembrare incredibile, sono delle persone umane, forse non sanno che «OGNI UOMO» porta dentro di sé il «mistero della creazione», o forse questo non gli dice nulla!!!. Sempre in quel testo si afferma «il Parlamento Europeo pretende che l'Italia legalizzi e promuova l'omosessualità», ma da quando, mi chiedo, l'omosessualità si promuove? Omosessuale lo si è o non lo si è e basta!! Non si sceglie l'essere omosessuale come si sceglie dove andare in vacanza, se al mare o in montagna secondo le «promozioni» delle agenzie di viaggio. È scioccante che con tanta ignoranza alle spalle coloro che hanno riempito ben quattro fogli di colossali stupidaggini si assumano il diritto di scrivere «bollettini di informazione» alle famiglie; con quale pretesa si permettono di scrivere e soprattutto di giudicare problemi e persone che non conoscono affatto!!. Credo che sia una vergogna per la Chiesa avere dei «fedeli» che non hanno capito assolutamente nulla della carità cristiana. Ad ogni modo a parte la visione cattolica, forse queste persone non si rendono conto che vivono in uno Stato dove tutti hanno, per lo meno, il diritto di vivere dignitosamente. Già in passato troppi importanti diritti quali parità tra uomo e donna, divorzio, ecc. ci si è trovati a doverli «filtrare» con la morale cristiana ed ora chi vuole «lottare con l'aiuto di Dio» contro la Risoluzione del Parlamento Europeo (ma le crociate non sono finite da tempo ??!!!) deve semplicemente sottoscrivere all'abbonamento a Famiglia Domani Flash (occasione da non perdere....). Finirei solo con un'altra considerazione: hanno scritto «bisogna farla finita con questo processo di degradazione morale e civile dalle rovinose conseguenze!». Io direi che bisogna farla finita di farci sensi di colpa; già tanti omosessuali non sono riusciti a superare le difficoltà che hanno a causa di queste idee e, perché più deboli, alcuni di loro si sono suicidati solo per la preoccupazione di quello che pensavano i genitori o la società; ma visto che gli altri non pensano a noi ed ai nostri problemi, bisogna che pensiamo a noi stessi; non dobbiamo lasciarci sopraffare dai sensi di colpa e dai giudizi, ma unirci e cercare di lavorare per farci conoscere per quello che realmente siamo e non per quello che vorrebbero che fossimo: «inesistenti». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** AH, M'AVESSE ADOTTATO UNA COPPIA DI GAY Corriere della Sera mar 14/3/95 Isabella Bossi Fedrigotti A proposito del matrimonio fra gay, lei ha affermato che «nessun paese mette in questione il diritto di amare». Io aggiungerei però che la gente europea mette in discussione il diritto di amare tra gay. Io voglio a tutti i costi sposarmi con il mio ragazzo: non per il foglio carta ma per poter dare la mia promessa di fedeltà. I gay infatti non sono liberi né anticonformisti, come lei affermava. Quanto al problema dei figli, sarei stato felice di essere adottato da una coppia gay perché avrei potuto essere me stesso. M. S. (Vicenza) Rispondendo a lei, M. S., cerco di rispondere anche a Francesco L. di Milano che a sua volta vuole sposarsi a tutti i costi e a Franco Grillini che mi dà della razzista perché non mi sono pronunciata a favore del matrimonio tra omosessuali ma soprattutto, mi par di capire, perché ho detto che i gay dovrebbero essere liberi e anticonformisti. Premesso che trovo ingiusto essere definiti razzisti (sebbene «con garbo») soltanto perché si ha diversa opinione, quella di essere liberi e anticonformisti mi sembra una condizione che, sebbene non necessariamente innata, gli omosessuali siano costretti a possedere. Liberi e anticonformisti per amore o per forza insomma, proprio per sfidare i pregiudizi e le umiliazioni che toccano agli omosessuali, anche oggi. Lei ha ragione, caro M. S., c'è molta gente che ancora non accetta di buon grado l'amore tra gay. Ma siccome, lo sapete, indietro non si torna, sono sicura che prima o poi anche in Italia avrete il matrimonio o «unione civile», come preferisce chiamarlo Francesco L. Ciò non toglie che la battaglia per ottenerlo (e lo dico senza ironia) non mi sembrava la più urgente: forse perché non mi era capitato spesso di confrontarmi con casi come quello esposto da Francesco e da M. S. O forse, semplicemente, perché le novità spaventano sempre un poco. Comunque nella mia precedente risposta sull'argomento, più che sul matrimonio mi ero soffermata sulla questione dell'adozione di bambini da parte di coppie gay. Anche se lei, caro M. S., si sarebbe trovato benissimo a crescere in una famiglia formata da due omosessuali, non penso che si possa generalizzare. Aspettiamo perciò il responso di seri psicologi dell'infanzia così da poterci pronunciare su questa delicata materia. *** Dedichiamo l'articolo qui sotto (in versione ridotta per motivi di spazio) alla Dott.ssa Fedrigotti (Perla del Mese scorso), detentrice degli alti valori morali della famiglia eterosessuale... *** UNO STUPRO DI FAMIGLIA A sei anni violentato da madre e bisnonni La repubblica ven 24/3/95 Caterina Pasolini MILANO. La sua infanzia è finita a sei anni, quando non è stato più un figlio, un nipote da amare e da proteggere, ma un oggetto sessuale. Un giocattolo per soddisfare le voglie degli adulti. Per due anni infatti è stato stuprato dalla madre, dagli zii e dai bisnonni come se quelle attenzioni, quelle carezze, quelle violenze fossero normali. È questa la drammatica storia di Leonardo, che ora frequenta la quarta elementare in una scuola del centro di Milano, e la storia della sua famiglia dove incesti e stupri si susseguono da decenni in una catena di doloro e soprusi vissuti in silenzio. Dove le vittime, una volta cresciute, si sono trasformate in carnefici, dove i bisnonni hanno violentato i nipoti e i bisnipoti.. Dove la madri, stuprate da bambine, hanno sedotto i loro figli. L'intreccio di violenze e paure in una famiglia di laureati e di impiegati, è stato scoperto dai poliziotti dell'Ottava sezione della questura di Milano. La mamma di Leonardo e i due «zii», i conviventi della madre e di una sorella di questa, sono stati arrestati per atti di libidine e violenza carnale, i bisnonni indagati a piede libero per gli stessi reati solo perché compiuti fuori dal territorio milanese. Dai loro racconti, da quelli di Leonardo, che a fatica ha superato la vergogna e il timore, gli agenti hanno ricostruito trent'anni di violenze nascoste dietro le pareti di una casa borghese, al di sopra di ogni sospetto. Una catena di soprusi iniziata anni fa quando i bisnonni di Leonardo, Giovanni e Emma, colti, laureati, con un buon lavoro e un clima familiare apparentemente idilliaco, violentarono i nipoti Caterina, Giacomo ed Eleonora. Tutto senza che qualcuno trovasse il coraggio di denunciare, di raccontare i pomeriggi da incubo nella casa di montagna dove tutta la famiglia passava le vacanze. E così dopo i nipoti è stata la volta di Leonardo, prima oggetto sessuale nelle mani dei bisnonni, costretto a giochi particolari per soddisfare le voglie degli adulti. Poi ad abusare di lui è stata la madre, Caterina, già vittima trasformatasi in carnefice. Caterina ha cominciato ad infliggere al figlio gli stessi giochi subiti da ragazzina e poi per Leonardo sono arrivate le violenze del nuovo fidanzato della madre e del compagno della zia Eleonora. Una catena che ha trasformato il piccolo Leonardo in un adulto, un bambino dall'identità incerta e dagli occhi tristi, che in classe si comportava come dovesse fare l'amore con compagne e compagni davanti a tutti. Forse un segnale per comunicare la sua sofferenza, perché qualcuno capisse il suo dramma e lo strappasse alla sua prigione. Un atteggiamento che ha insospettito gli insegnanti che con la loro segnalazione hanno fatto partire l'indagine. E ora, dopo sei mesi di lunghi dialoghi col bambino e con la sua famiglia, ieri sono arrivati gli arresti. Per Leonardo e la sua cuginetta di sei anni, anche lei violentata dal convivente della madre, si è aperta una nuova esistenza. Leonardo è in una comunità dove, con l'aiuto di psicologi cerca di capire, di ricostruire la sua personalità, i suoi desideri, di dimenticare quelle violenze da incubo. Patrizia, la cuginetta, è stata portata via da Milano dalla madre non appena la donna ha saputo cosa il suo compagno facesse alla figlia mentre lei era al lavoro. Caterina, Patrizia, Leonardo, nomi falsi per storie drammaticamente vere, e sempre più frequenti. Con questa nuova ondata di arresti infatti, nel solo mese di marzo dieci persone sono finite in cella a Milano accusate di violenze sessuali sui bambini. Cento persone ogni anno all'ombra della Madonnina vengono processate per le stesse accuse, per atti di libidine, stupri nei confronti dei minorenni. E questo, dicono gli esperti, non perché Milano sia la capitale dei genitori depravati, ma perché esiste una sezione di polizia che si occupa a tempo pieno di violenze ai minori, un pool di magistrati esperti nel trattare casi così delicati. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** NE ABBIAMO ANCORA PER TANTO? di Roberta Lazzeri Roberta Lazzeri è il coordinatore nazionale di Forum Aids Italia e non ha resistito davanti al delirio di Famiglia Domani... Istigazione al razzismo, caccia alle streghe o aperta affermazione della doppia morale, la lettera che l'associazione Famiglia domani sta spedendo in tutte le case italiane? (Non è superfluo notare come il contenuto della lettera non sia il frutto di un gruppuscolo ossessionato dal sesso, ma come sia lo specchio fedele della posizione ufficiale della chiesa cattolica). Razzismo certamente, perché c'è la chiara discriminazione di un gruppo sociale, gli omosessuali, stigmatizzati come "diversi", quindi "pericolosi" per la società. Questo certo non meraviglia da parte di gente che ha protetto, fomentato e favorito lo sterminio di intere popolazioni, quello che meraviglia è che ancora si continui a dar credito a tali personaggi, palesemente deleteri e soprattutto mistificatori e bugiardi. Infatti ben più grave del razzismo, in quella lettera, appare l'evidente uso ed abuso della doppia morale, si condanna cioè un comportamento, quando all'interno dei propri ranghi è il più praticato e diffuso. E questo rende evidente cosa pensino lor signori della comunità civile. Cosa altro significa una tale stigmatizzazione di persone che semplicemente scelgono partner sessuali del proprio sesso, quando non solo preti, ma addirittura cardinali e papi hanno fatto la stessa scelta, se non considerare tutta la popolazione tutta una massa di beoti, creduloni e ignoranti? Perché quello che va bene per preti, frati, cardinali e papi non può andar bene per il comune cittadino? E che dire poi dell'evidente mentalità morbosa e ossessiva sottesa in tutta la lettera e manifestata attraverso la paura del confronto con altri stili di vita, se non che solo chi è sicuro delle proprie scelte può tollerare con atteggiamento civile e maturo le scelte degli altri. E dell'insistita necessità di escludere gli omosessuali dal contatto con i giovani, confondendo tra l'altro il sesso di appartenenza col comportamento sessuale, come se tutte le persone, etero o omosessuali che si voglia, non fossero in grado di lavorare, creare, produrre senza per forza dover fare sempre e comunque sesso o imporre ad altri le loro preferenze sessuali. Se a lor signori non riesce, non per questo devono pensare che a noi comuni mortali non riesca vivere, senza avere in mente una, sola, ossessiva cosa: il sesso. Non gli viene in mente che noi il sesso lo facciamo solo quando ci aggrada, con chi ci aggrada, e nel profondo e mutuo rispetto dell'altro e di noi stessi? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** GENITORI SI NASCE O SI DIVENTA? Il manifesto ven 17/3/95 Caro Gianni Rossi Barilli, non sono d'accordo con la tua risposta sull'adozione da parte dei gay (il manifesto del 26 febbraio); non sono d'accordo nel senso che non hai risposto alla domanda molto precisa che la ragazza ti faceva: un bambino ha bisogno di una figura maschile e di una femminile, sì o no? Non chiedeva affatto, e credo che molti lettori del «Manifesto» ormai non se lo chiedano più, se i gay sono delinquenti o malati; tant'è vero che faceva il confronto con i single: nessuno pensa che una persona, per il fatto di vivere da sola, sia delinquente o malata. Il problema è se è ancora vera o se è superata la convinzione che ogni bambino abbia bisogno di un papà e di una mamma: convinzione tradizionale, ma confermata, poniamo, anche da Freud. Vi sono studi recenti, di tipo psicanalitico o altro, che ci autorizzino a superare questa posizione? Vi sono esperienze che vadano al di là del singolo caso, della fortunata eccezione che tutti possiamo avere incontrato? La tua risposta non risponde a questi dubbi, è solo una difesa della normalità dei gay, difesa che condivido, ma che in sostanza non chiarisce i dubbi di chi ti ha scritto e che anch'io condivido. Scusa il tono critico, ma penso che capita a tutti di non rispondere alla domanda che ci viene posta in un dato momento, ma ad un'altra obiezione che ci è rimasta impressa dentro, perché spesso ripetuta, perché più cattiva o più legata a pregiudizi. Carla Dentella, Milano L'idea della famiglia tradizionale, che ci condiziona tutti, consciamente o no, spinge a pensare che per il corretto sviluppo psicologico e sessuale dei bambini sia indispensabile una situazione affettiva somigliante il più possibile al modello dato. E per conseguenza spinge a svalutare, se non a escludere a priori, l'efficacia di forme di famiglia «alternative». La realtà quotidiana ci dimostra però che l'unione di papà e mamma non è condizione sufficiente per il successo pedagogico. Così come documenta anche la buona riuscita educativa di situazioni teoricamente svantaggiate (valga per tutti il caso non raro di famiglie con un solo genitore). Quindi? Per diventare buoni adulti non bisogna per forza essere nati dentro uno spot del Mulino Bianco. In altre parole, tutto dipende dalla qualità della relazione con i figli e dall'equilibrio dell'adulto rispetto alle proprie scelte, di qualunque natura. Lascerei perdere Freud come garante delle convinzioni tradizionali perché, con tutti i suoi meriti, partiva pur sempre dal presupposto che l'omosessualità in età adulta fosse un'espressione deviata (ovvero patologica) della norma. La questione emergente oggi, sulla spinta del rivendicato desiderio di maternità e paternità di lesbiche e gay dichiarati, è se l'orientamento omosessuale dei genitori sia compatibile con un «normale» sviluppo della personalità dei figli. Esistono numerosi studi in proposito, prevalentemente statunitensi, dei quali dà conto il saggio di Monica Bonaccorso «Mamme e papà omosessuali», pubblicato nel '94 dagli Editori Riuniti. Più o meno tutte le ricerche effettuate si basano sui confronti tra famiglie con uno o entrambi i genitori omosessuali e famiglie «etero» alternative o tradizionali. E su un punto l'accordo è unanime: l'omosessualità del (dei) papà o della (delle) mamma, in se stessa, non interferisce in modo significativo sullo sviluppo psicosessuale dei figli. Cade così anche il luogo comune secondo il quale l'omosessualità è contagiosa e si spiega meglio il fatto che, per lo più, i figli gay e le figlie lesbiche hanno entrambi i genitori eterosessuali. Bisogna comunque aggiungere che nessuno vive sotto una campana di vetro e che il contesto sociale ha un grande peso nel determinare la qualità delle relazioni all'interno della famiglia. Atteggiamenti discriminatori verso gay e lesbiche possono perciò influire molto negativamente sui loro figli. Queste paternità e maternità aprono in ogni caso uno spazio di riflessione sul quale non esistono certezze incontrovertibili, se non regressive. Occorre un certosino lavoro di ridefinizione dei valori etici correnti. Gianni Rossi Barilli ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Arcigay-Arcilesbica e Azione Omosessuale lanciano un'iniziativa nazionale per l'affermazione dei diritti per i gay e le unioni civili *** RICONOSCERE GLI AFFETTI 500 mila firme entro luglio. «Una campagna per tutti, dicono gli organizzatori, a prescindere dalle singole scelte sessuali». il Manifesto sab 18/3/95 C.L. Per danesi, svedesi e norvegesi l'importante è amarsi. Il matrimonio, inteso come istituzione capace di garantire non solo la solidità dei sentimenti ma soprattutto il riconoscimento da parte dello stato di importanti diritti, è infatti un concetto ormai superato. Coppie sposate e coppie di fatto, siano esse etero o omosessuali, godono di pari dignità per la legge, che riconosce a tutti diritti come la casa, la pensione o l'eredità in caso di morte del partner. Ma se per il nord Europa questa situazione rappresenta ormai la norma, la stessa cosa non si può dire per l'Italia, dove le coppie non sposate non riescono ancora ad ottenere un riconoscimento giuridico. E questo nonostante la Corte costituzionale abbia già stabilito l'eguaglianza tra le varie forme di convivenza, e nonostante in parlamento giacciano ormai da tempo ben due disegni di legge sulle unioni civili. Stanche di questa situazione le associazioni omosessuali, Arcigay-Arcilesbica e Azione Omosessuale - riunite nel «Comitato nazionale 28 giugno» - hanno deciso di promuovere una petizione nazionale per il riconoscimento dei diritti civili fino a oggi dimenticati. L'obiettivo è quello di raccogliere entro il 1 luglio, giornata internazionale dell'orgoglio gay, 500mila firme da presentare al parlamento perché ratifichi la risoluzione del parlamento europeo sulla parità di diritti per gli omosessuali e perché approvi una legge sulle unioni civili che consenta «a tutte le coppie - spiegano gli organizzatori - anche dello stesso sesso, di essere riconosciute legalmente», come già avviene «in tutti i paesi civili». «Non stiamo palando di matrimonio gay - ha tenuto a precisare Franco Grillini, presidente nazionale di Arcigay-Arcilesbica - ma del riconoscimento di unioni reali, a prescindere dalle scelte sessuali di chi forma la coppia». I primo risultati della campagna lasciano presagire un successo dell'iniziativa. Fino a oggi, infatti, hanno aderito politici come le pidiessine Gloria Buffo e Livia Turco, il sindaco di Bologna Valter Vitali, il riformatore Marco Taradash e la presidente della commissione giustizia della camera Tiziana Maiolo, che ha promesso una discussione rapida della legge. E poi attori come Christian De Sica, Patrizio Roversi e Susy Blady, Athina Cenci, Luca De Filippo, il filosofo Gianni Vattimo, giornalisti come Luigi Pintor, Maurizio Costanzo, Michele Serra, Pierfrancesco Loche. «Ma soprattutto - spiega ancora Grillini - ventimila cittadini che con la loro firma hanno dimostrato di aver capito che la petizione riguarda un diritto di tutti e non solo dei gay». L'iniziativa del comitato «28 giugno» arriva in un momento in cui proprio nei confronti degli omosessuali giungono segnali controversi. Se infatti in Italia non mancano gesti di intolleranza (valga per tutti la petizione promossa da alcune associazioni di integralisti contro il riconoscimento di diritti per i gay, petizione nella quale la procura di Verona ha ravvisato il reato di istigazione all'odio razziale) proprio dalla chiesa arrivano insperate aperture. Come le dichiarazioni rese di recente in Inghilterra da due vescovi, uno cattolico e uno anglicano, che hanno riconosciuto il «diritto all'amore» anche per persone dello stesso sesso. Fino a oggi tutti i tentativi fatti dai singoli comuni per istituire un registro delle unioni civili sono stati regolarmente bocciati dal Coreco per l'assenza di una legge nazionale. Se il parlamento colmerà la lacuna, il problema potrà essere risolto una volta per tutte. Non solo. «La gente - spiega Vanni Piccolo, consulente del sindaco Rutelli sulle questioni dell'omosessualità - è abituata a pensare ai gay come a persone che non hanno una propria vita affettiva. Questa legge potrebbe cancellare un'ingiustizia, riconoscendo anche a noi il diritto a un'unione». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- COSÌ HO CAPITO MIO FIGLIO la stampa ven 3/3/95 Sono il padre di un ragazzo che da circa dieci anni si è scoperto omosessuale. Sin dall'inizio di questa sua scoperta il suo atteggiamento era cambiato. Era diventato silenzioso, triste, sempre di cattivo umore, disamorato e totalmente disinteressato a tutto e tutti. La rivelazione (che deve essergli costata molta fatica interiore) della sua omosessualità ha gettato me e mia moglie nella più totale disperazione di fronte ai mille pregiudizi e alle discriminazioni alle quali sono sottoposti gli omosessuali e i «diversi» in Italia. La non accettazione di questa condizione e la nostra ignoranza in materia ha complicato i nostri rapporti familiari. Abbiamo imposto al nostro figliolo di allontanare le «cattive compagnie» e di sottoporsi alle cure di uno psicologo. I risultati sono stati, ovviamente, negativi. Altre erano le strade da seguire e abbiamo messo in discussione i nostri atteggiamenti e il tipo di educazione che avevamo trasmesso al nostro ragazzo. Inutile dire che, a parte la profonda crisi in cui siamo caduti, a nulla era servito questo nuovo tentativo di dare una giustificazione a quella che secondo noi era una devianza sessuale, convinti erroneamente che l'eterosessualità fosse l'alveo a cui si dovevano ricondurre tutti i comportamenti e le pratiche sessuali. Eravamo quindi arrivati ad una fase di stallo che la famiglia viveva con vani sforzi di dialogo e malcelate insofferenze (litigi molto frequenti). In nostro soccorso, provvidenzialmente, è arrivato un articolo di cronaca sulla Stampa in cui si intervistava un genitore che aveva costituito con altri un'associazione di genitori di omosessuali. Finalmente da quel giorno abbiamo potuto confrontarci con chi era nella nostra stessa situazione ed aveva avuto il coraggio, per noi enorme, di uscire allo scoperto e affrontare i pregiudizi e le discriminazioni e aiutare i tantissimi genitori che come noi continuavano a dibattersi tra ingiuste sofferenze che coinvolgevano l'intera armonia familiare. Abbiamo così scoperto un'altra dimensione e che vi sono consultori Agedo (Associazione di genitori di omosessuali) in molte città italiane e vi operano tanti genitori o parenti o amici di omosessuali che quotidianamente lottano per l'affermazione dei diritti civili per gli omosessuali. Abbiamo così riscoperto nella nostra intimità familiare una forma di convivenza che credevamo ormai minata e seriamente minacciata dal mondo esterno. Abbiamo riscoperto valori che credevamo schiacciati da una società che tende ad omologare ogni comportamento e ad escludere, emarginandole, le differenze. Abbiamo conosciuto la «solidarietà». Ringrazio con questa lettera L'Agedo di Torino (c/o il circolo Arcigay Maurice di via Basilica 5, tel. 521.11.16) e la mamma che, alle prime esperienze e leggermente emozionata, ebbe per me le prime parole di conforto. Invito tutti genitori che si riconoscono nella nostra situazione a contattarli. Il dialogo con genitori che sono nelle nostre stesse condizioni ed hanno di fatto già affrontato e superato le difficoltà non può che aiutarci a conoscere meglio noi e soprattutto i nostri figli. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ***A GENTILE RICHIESTA del Carabiniere Misterioso Ciao! Eccomi di nuovo qui, spero gradito conduttore di questa rubrica. Dalle lettere che mi mandate sembrerebbe di no: zero, neanche una, ma io continuo ad essere fiducioso. Possibile che nessuno abbia voglia di raccontarmi, nel bene e nel male, una sua esperienza nella quale sia sto coinvolto dalle forze dell'ordine? Credo che sarebbe interessante e per me gratificante poter approfondire un argomento avendo a disposizione un'esperienza reale e non degli esempi ipotetici come ho fatto finora. Ci conto! Il mese scorso ho parlato di quel signore fermato in un cinema a luci rosse da un tizio che si spacciava per poliziotto e che minacciava di portarlo in caserma. Ne parlo ancora oggi perché mi dà lo spunto per affrontare l'argomento di questo mese. Qualcun altro pensa che un carabiniere o un poliziotto possano mettere in atto una minaccia del genere con qualsiasi pretesto? Spero che questo timore non sia molto diffuso, comunque la risposta è no, non è possibile. Ci sono delle leggi molto severe e precise in base alle quali un agente di polizia può condurre in caserma un cittadino. Queste vanno rispettate con tutti senza distinzione, anche con gli omosessuali, visto che la legge non prevede un diverso trattamento fra le persone, siano eterosessuali o omosessuali, italiani o stranieri. La legge ci permette di usare la forza per fermare una persona quando esiste un provvedimento del giudice come, ad esempio, un'ordinanza di accompagnamento coatto di un testimone, un mandato di cattura a carico di un latitante; oppure del Pubblico Ministero come un ordine di fermo a carico di una persona indiziata di aver commesso un reato. Diversamente noi possiamo intervenire di iniziativa nostra (cioè senza l'autorizzazione del giudice o del Pubblico Ministero) per fermare una persona solo in caso di arresto. Quando ci troviamo di fronte alla commissione di un reato abbiamo il dovere-potere di fermare il reo ed arrestarlo. In questo caso porteremo il colpevole nei nostri uffici per la compilazione degli atti con i quali si dà notizia del reato e si mette il reo a disposizione del Pubblico Ministero che provvederà ad esercitare l'azione penale nei suoi confronti. Ci sono degli altri casi in cui invece abbiamo il potere solo di invitare, ma non di costringere una persona a seguirci o a presentarsi in caserma. Questi inviti sono a norma di legge e se non vengono rispettati portano alla commissione di un reato. Vi faccio degli esempi: se riteniamo di dover sentire un cittadino in qualità di persona informata su fatti criminosi accaduti, e quindi potenziale testimone oculare, in base alla legge possiamo invitare costui in caserma per essere interrogato; lo stesso ha l'obbligo di presentarsi, se non lo fa commette un reato per cui verrà denunciato, ma noi non possiamo andare a prenderlo per portarlo in caserma, privandolo così della libertà personale. Un altro esempio: fermiamo un passante per un controllo e risulta privo di documenti oppure li ha, ma sembrano falsi o contraffatti. Possiamo invitare questo signore a seguirci in caserma dove verrà identificato anche grazie a quei cartellini fotosegnaletici di cui vi avevo già parlato, ricordate? Anche in questo caso il cittadino ha l'obbligo di obbedire alla nostra richiesta pena una denuncia, ma noi non abbiamo il potere di usare la forza per costringerlo. È un limite che ci viene imposto, giusto garantista, ma che ci mette a volte in grande difficoltà. Come facciamo in questi casi a distinguere il ricercato che nasconde la propria identità per non farsi catturare dal cittadino che ha dimenticato i documenti e che per qualche principio suo non accetta di farsi accompagnare in caserma pur sapendo di compiere un reato? È ovvio che in queste situazioni dobbiamo fare il possibile, con tutto il buon senso e la forza di persuasione di cui siamo capaci, per convincere la persona ad aderire alla nostra richiesta. Purtroppo qualche volta usare la ragionevolezza non porta a nessun risultato ma vi garantisco che con un comportamento sicuro e deciso, senza fare male a nessuno, riusciamo a convincere anche i più testardi. Mi rendo conto che il timore di subire un qualche genere di violenza è la molla che fa scattare una certa diffidenza che aleggia sulla nostra immagine. Sentono questo timore soprattutto coloro che vengono considerati diversi perché sono quelli che più degli altri subiscono un trattamento irrispettoso. Mi rincresce dirlo ma voi amici di InformaGay da questo punto di vista siete i più sfavoriti, non posso nascondere che per la maggior parte dei miei colleghi il diverso per eccellenza è proprio l'omosessuale, soprattutto quello che "ostenta" la sua natura. Un amico mi ha chiesto di dare un consiglio su come ovviare a queste incomprensioni: mi raccontava, ad esempio, del timore che lo assale quando va a" battere" nei parchi o in zone già di per sé pericolose. Chiedeva se tale comportamento poteva esser causa di qualche ritorsione da parte della polizia. Premesso che frequentare i parchi di sera non è reato, va anche detto che non è il posto migliore per stare tranquilli. Le forze dell'ordine usavano molta attenzione per sorvegliare questi luoghi ed è normale sottoporre ad un minuzioso controllo chi ci viene trovato. Può capitare di subire una perquisizione, so che è una pratica abbastanza umiliante, ma è completamente legale e non ci si può opporre (approfondirò sicuramente l'argomento in uno dei prossimi numeri). Secondo me è importante capire che ci si trova in una situazione dubbia sulla quale i carabinieri hanno il dovere di indagare. La cosa migliore sarebbe di collaborare per aiutarli a capire che non state facendo niente di male e che non c'è da dubitare. Comprensione, disponibilità e dignità sono, a mio avviso, la ricetta essenziale per farsi rispettare anche da chi, sbagliando, non sembra molto intenzionato a farlo. Ricordate che davanti avete sì un simbolo delle istituzioni (guai a mettere in discussione la sua carica pubblica di cui è giustamente orgoglioso), ma soprattutto un uomo in carne e ossa che, come tale ha dei limiti; ricordate che non conosce la vostra realtà, che non la capisce e per nascondere la sua ignoranza usa il disprezzo, come fanno molte persone. Poi magari fuori dal servizio è capace di dimostrarsi sensibile e comprensivo. Voglio solo dire che non è un mostro, ma se sbaglia è giusto che paghi come tutti. Anche far valere i propri diritti davanti a un giudice è un modo di farsi rispettare, però bisogna essere proprio sicuri di avere ragione. Con questo ho finito; vi saluto e come al solito vi do appuntamento al prossimo mese. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Anche il cardinale Hume, primate cattolico d'Inghilterra, si schiera in difesa degli omosessuali ***IL VESCOVO IN DIRETTA TV: SONO GAY, CHE MALE C'È? Intervista-choc alla Bbc: è scandalo nella chiesa anglicana la Stampa gio 9/3/95 e. st. LONDRA. Prima il cardinale Basil Hume, primate cattolico di Inghilterra e Galles che, benedicendo l'amore in tutte le sue forme, si mostra comprensivo anche verso quello omosessuale. Poi, il giorno dopo, il vescovo Derek Rawcliff, a capo della diocesi di Glasgow e Galloway dall'81 al '91, che ammette pubblicamente in tv di essere gay e si dice favorevole alle unioni fra sacerdoti omosessuali. Che cosa accade nella Gran Bretagna spesso accusata di essere ancora impregnata di puritanesimo vecchio stampo? «Semplicemente, capita che si sono accorti che esistiamo, che siamo tanti e che occorre tener conto di noi», esclama trionfante Peter Tatchell, del gruppo omosessuale «OutRage». In effetti, le associazioni pro-gay hanno tutti i motivi per esultare. «Amare un altro, sia dello stesso sesso che diverso, è entrare nell'area più ricca dell'esperienza umana», ha scritto il cardinale Hume in una dichiarazione personale scritta per illustrare l'atteggiamento del Vaticano nei confronti dell'omosessualità. Hume si è pronunciato contro ogni forma di discriminazione ribadendo anche quanto è detto nel nuovo catechismo e cioè che gli omosessuali devono essere trattati «con rispetto, comprensione e delicatezza». La Chiesa, ha ricordato Hume, non riconosce il diritto all'atto sessuale agli omosessuali (definito «intrinsecamente disordinato» e «contrario alla legge naturale»). «Tuttavia - ha sottolineato - ognuno, indipendentemente dall'inclinazione sessuale, ha diritto di essere trattato dagli individui e dalla società con dignità e giustizia». Dopo la sorprendente dichiarazione di Hume, ecco lo scandalo nelle alte gerarchie della Chiesa anglicana. In una intervista televisiva a «Newsnight», il programma degli approfondimenti della Bbc, seguito da milioni di telespettatori, Lunedì sera un vescovo ammette senza troppi imbarazzi: «Sì, sono omosessuale. Che male c'è? È impossibile andare contro la propria natura. Da quando ho capito questo mi sento migliore sia come uomo che come sacerdote». Il 73enne Rawcliff ha raccontato di essersi innamorato di un uomo a 50 anni, dopo decenni di castità, di essersi successivamente anche sposato con una donna, ma di aver capito che non era quella la sua strada. Il prelato ha poi fatto una precisa distinzione fra il matrimonio e l'unione fra una coppia dello stesso sesso ma ha auspicato una qualche forma di benedizione della Chiesa anche per queste persone. Ed è andato oltre: «Sbaglia il cardinale Hume ad affermare che l'omosessualità va rispettata solo in senso teorico ma non può essere ammessa quando si manifesta in un atto fisico. Gesù Cristo non ha mai biasimato l'amore omosessuale ed è sbagliato che i suoi seguaci condannino l'espressione materiale di questo amore». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Integralisti ***ATTACCO AL «MANIFESTO» il manifesto gio 2/3/95 Singolare attacco al «manifesto» da parte degli integralisti cattolici. Il presidente dell'associazione Famiglia Domani, Luigi Coda Nunziante, ha definito «preoccupante» la «campagna di istigazione alla violenza e all'odio anti-cattolico della sinistra e ancor più preoccupante il fatto che essa pretenda servirsi, quale proprio braccio secolare, della Digos e delle Procure della Repubblica». Ricordando le Perquisizioni fatte dalla Digos veneta nei giorni scorsi nelle abitazioni di una ventina di persone sospettate di «istigazione all'odio razziale», Nunziante ha denunciato in un comunicato, il «tentativo del «manifesto» di discriminare e di soffocare la voce dei cattolici attraverso una campagna di terrorismo e di istigazione all'odio ideologico». Il «manifesto», ha detto Nunziante, dopo aver rivolto in un articolo del 21 gennaio «un allusivo invito alla Digos di Verona ad indagare, ha allargato le sue violente accuse» riportando il 28 febbraio la richiesta dell'Arcigay nazionale che «le indagini vengano estese a tutta Italia». «La tolleranza della sinistra nella storia è nota: ghigliottina e gulag», ha commentato Nunziante. Accuse analoghe erano state sostenute Domenica dall'organo di An, «Il secolo d'Italia, in un fondo titolato «Il manifesto propone, la Digos dispone». È difficile immaginare come la cronaca, cioè il semplice riportare notizie o il raccontare episodi e fatti, possa diventare «istigazione all'odio anticattolico», come scrive il presidente dell'Associazione famiglia domani. Evidentemente non conosce il tono dei volantini e degli scritti diventati oggetto dell'indagine da parte della procura veronese. E l'indagine era partita ben prima dell'articolo del 21 gennaio 1995. Scriverne, in quell'occasione, fu solo dovere di cronaca, non istigazione. Raffaele Crocco ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Scandalo a Londra ***DONNA PRETE "SONO LESBICA" la repubblica lun 20/3/95 LONDRA. La Chiesa d'Inghilterra, travagliata dalla accuse sulla diffusione dell'omosessualità tra i suoi religiosi, ha ora la prima donna prete lesbica uscita allo scoperto. Ros Hunt di Cambridge ha deciso di rivelare pubblicamente la sua omosessualità. Una portavoce della chiesa anglicana si è limitata a dire che i tradizionalisti sono ancora sconcertati per la decisione dello scorso anno di ordinare le prime donne prete e probabilmente saranno a disagio all'idea di avere una donna prete lesbica ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Francia Punito dal Vaticano ***IL VESCOVO GAILLOT SARÀ TRASFERITO IN MAURITANIA la stampa, 26/3/95 Parigi. Dalla Normandia alla Mauritania. A Monsignor Jacques Gaillot, l'ex vescovo di Evreux recentemente «licenziato» dalla Santa Sede per le sue posizioni poco gradite alla Chiesa in tema di morale sessuale, è stata assegnata la titolarità della sede di Parthenia, una antica diocesi africana. In questo modo il prelato conserva il titolo di vescovo, ma non l'ufficio. La destinazione finale del «vescovo-scandalo», paladino della causa gay, che ora vive in uno stabile occupato da un gruppo di senza fissa dimora a Parigi, è stata appena pubblicata sull'annuario pontificio del 1995. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Londra, Hume ha precisato però di parlare a titolo personale. "No ai comportamenti discriminatori" *** IL CARDINALE DIFENDE I GAY "L'amore arricchisce, anche se fra lo stesso sesso" la repubblica mer 8/3/95 di Marco Politi Città del Vaticano — La questione gay continua lentamente a conquistarsi il suo spazio all'interno della Chiesa cattolica. Il cardinale inglese Basil Hume ha affermato pubblicamente che «amare un altro, sia dello stesso sesso che diverso, è entrare nell'area della più ricca esperienza umana». Data la delicatezza, Hume ha affrontato l'argomento in una dichiarazione personale, ma le sua parole costituiscono comunque una delle testimonianze più aperte da parte dell'alta gerarchia cattolica in favore dell'amore fra omosessuali. Il Vaticano è già arrivato a prendere decisamente posizione contro ogni tipo di persecuzione nei confronti dei gay, ma poiché il loro comportamento viene definito dalla Congregazione per la Dottrina della fede «intrinsecamente disordinato» e contrario alla legge naturale, si apre facilmente la strada ad atteggiamenti discriminatori. Specialmente se negli ambienti ecclesiastici si parla di «pericolosità sociale» dei gay, equiparandoli a persone malate. È contro ogni alibi, che possa generare violenza, che il cardinale Hume intende schierarsi. Riferendosi a quanto affermato nel nuovo catechismo, il primate inglese ricorda che gli omosessuali vanno trattati con «rispetto, comprensione, delicatezza». Pur sottolineando che la Chiesa non riconosce il diritto all'atto sessuale fra omosessuali, Hume si preoccupa di ribadire che «ognuno, indipendentemente dalla propria inclinazione sessuale, ha diritto di essere trattato dagli individui e dalla società con dignità, rispetto e giustizia. Non c'è nulla nell'insegnamento della Chiesa che possa essere utilizzato per sostenere o sanzionare, neppure implicitamente, la persecuzione di omosessuali uomini o donne». Neppure, aggiunge il porporato con grazia britannica, «dissennati atteggiamenti provocatori o distruttivi da parte di omosessuali possono giustificare comportamenti omofobici». Anche in Italia, tuttavia, si sta manifestando da parte di alcuni vescovi un atteggiamento nuovo. Il vescovo di Terni, monsignor Gualdrini, sostiene che bisogna saper rispettare con tolleranza la scelta di quei gay che decidono di vivere in coppia. Uguale posizione ha assunto il vescovo di Savona, il teologo Dante Lanfranconi. In un'intervista ha dichiarato che «la Chiesa presenta l'ideale del matrimonio cristiano, cioè il matrimonio fra uomo e donna, ma non obbliga nessuno a fare questa scelta. E allo stesso tempo rispetta chi fa scelte diverse». Tolleranza, sottolinea però monsignor Lanfranconi, non significa che la Chiesa approvi questo tipo di unioni. Al di là del discorso sulla coppia gay, la cosa più interessante è il maturare nelle comunità parrocchiali di un atteggiamento che esprime la piena accoglienza degli omosessuali nella comunità ecclesiale. «Ogni battezzato che coscientemente e liberamente accetti il Vangelo —afferma Lanfranconi— deve essere considerato parte attiva della Chiesa. Anche gli omosessuali ne fanno quindi pienamente parte». Rispetto ad appena qualche anno fa è una rivoluzione copernicana. Chi avrebbe mai potuto pensare che l'Avvenire avrebbe scritto che un gay può diventare santo. Eppure è accaduto. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Da un'editrice cattolica *** MANUALE PER GUARIRE I GAY Il Giornale mer 29/3/95 Arriva nelle librerie cattoliche italiane un manuale per aiutare gli omosessuali infelici a cambiar vita e, a conclusione di un cammino di psicoterapia, scoprire le gioie del matrimonio con una donna. L'iniziativa è stata presa dalla casa editrice milanese Are, la stessa che pubblica il mensile «Studi cattolici», vicino alle posizioni dell'Opus Dei: il libro s'intitola «Omosessualità e speranza» ed è stato scritto da Gerard van der Aardweg, psicologo olandese che insegna all'Istituto per il matrimonio e la famiglia di Amsterdam. Il senso dell'operazione è spiegato con una nota editoriale inviata alle librerie: «Mentre la propaganda omosessuale recepita dai mass media insiste col dire che l'omosessualità è una condizione normale e che lo stile di vita gay è bello, van der Aardweg smaschera la menzogna, aprendo allo stesso tempo le porte alla speranza: l'omosessualità non ha un fondamento genetico e prove sempre più incontrovertibili dimostrano che essa ha radice in una problematica psichica che può essere curata con successo».. L'esigenza di presentare un manuale che offra ai gay una speranza di cambiamento è dettata anche da altre motivazioni: «L'emergenza Aids e il malessere sempre più nevrotico di tanti omosessuali non ci trova più disposti ad accettarne lo stile di vita nei termini che i militanti gay pretendono». Lo psicologo olandese parte dal principio che l'omosessualità non è «una condanna definitiva, ma una condizione dalla quale si può guarire». Viene indicata, a tal proposito, un'esperienza di terapia che permette al gay desideroso di superare «l'enorme senso di colpa» che gli procura la promiscuità sessuale in cui è costretto a vivere; lo stato di «autocommiserazione» può essere vinto attraverso sedute psicoanalitiche che invitano il paziente a sviluppare le sue doti umoristiche. La pubblicazione del manuale ha già suscitato la reazione dell'Arcigay. Secondo il presidente Franco Grillini «uno dei modi per aiutare gli omosessuali a essere felici sarebbe quello di impedire a personaggi come van der Aardweg di nuocere, poiché proprio le sue tesi e quelle di molti altri sono all'origine del disagio di tanti gay». L'operazione delle edizioni Ares è considerata paradossale: «Lo psicologo olandese fa parte di quella schiera di fondamentalisti e bigotti che tormentano gli omosessuali per poter poi sostenere che la loro vita è tormentata». Grillini ha poi annunciato che l'Arcigay replicherà al libro cattolico con un «manuale per curare l'omofobia, una vera e propria patologia che sta assumendo i caratteri di un'ossessione razzista». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Un movimento in Gran Bretagna all'attacco di chiesa e governo *** «PRETI GAY, CONFESSATE» «OutRage!» minaccia di fare i nomi dei politici omosessuali Corriere della Sera mar 21/3/95 Mino Vignolo LONDRA. La numerosa comunità dei prelati omosessuali è in subbuglio a causa di un movimento di attivisti gay. «OutRage!», questo è il nome del gruppo, intende snidare gli omosessuali praticanti per costringere la Chiesa anglicana ad accettare membri del clero, di sesso maschile e femminile, che sono gay. In un rapporto recente ad uso dei vescovi si afferma che non possono essere tollerati i sacerdoti che apertamente praticano l'omosessualità. In risposta il capo di «OutRage!», Peter Tatchell, ha lanciato il guanto di sfida alla Chiesa promettendo di intensificare la campagna di denuncia. «Influenzeremo la futura politica della Chiesa d'Inghilterra in un modo che nessuno può immaginare». «OutRage!» ha già diffuso i nomi di dieci vescovi e di dieci ex vescovi che sarebbero gay. E oltre agli uomini di chiesa, ieri ha messo nel mirino anche i politici: Tatchell ha scritto a 20 deputati - di cui almeno due hanno incarichi di governo - invitandoli ad uscire allo scoperto, pena la denuncia pubblica della loro omosessualità. La settimana scorsa il vescovo di Londra, David Hope, ha confessato di avere una sessualità «ambigua» anche se non è, a sentir lui, un gay attivo. Questa uscita allo scoperto di una alto prelato è stata interpretata dal leader di «OutRage!», che sta diventando uno degli uomini più temuti d'Inghilterra, come un piccolo successo di una campagna di denuncia destinata a cambiare l'atteggiamento nei confronti dell'omosessualità. Naturalmente si assiste ad eccessi. Una confessione è avvenuta contro la volontà della persona interessata. Ros Hunt, cappellana nella diocesi di Ely, ha ammesso di essere lesbica, ma l'iniziativa è stata presa dopo che un giornalista del Sunday Times, evidentemente imbeccato da «OutRage!», si era presentato alla sua porta. Il Sunday Times ha scritto che la donna è una assidua frequentatrice di locali notturni per gay ed ha partecipato a marce in favore dei diritti degli omosessuali. La diocesi di Ely dice che Ros Hunt, avvicinata dal reporter in un modo «volgare e prepotente», aveva dichiarato, al momento della sua ordinazione, di non avere intenzione di sposarsi. Secondo gli attivisti gay, decine di donne prete, ordinate in quest'ultimo anno, sono lesbiche praticanti. Non tutte accoglierebbero le rivelazioni sulla loro sessualità con bonomia. Per alcune sarebbe un dramma. Il vertice di «OutRage!» ha cercato di distanziarsi dalla denuncia forzata di Ros Hunt. «Noi intendiamo stanare gli ipocriti, non la gente qualunque - hanno affermato - . La cappellana di Ely non è un vescovo o una parlamentare e non ha uno status privilegiato». Finora il dibattito sull'omosessualità nel clero era confinato agli uomini. Il versetto della Bibbia, spesso citato, è rivolto agli uomini: «Non giacere con un uomo come si giace con una donna: ciò è deplorevole». Le lesbiche non vengono menzionate. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Raccolte in un libro le disperate confessioni fatte alle psicologhe di «Telefono donna» *** «MIO MARITO FA IL TRAVESTITO», STORIE DI DONNE TRADITE Corriere della Sera mar 14/3/95 Viviana Kasam Carla, benestante signora milanese, due figli di 15 e 21 anni, un marito dolce e premuroso si vede recapitare una astronomica bolletta del telefono. Controlla con la Sip e scopre che qualcuno chiama di continuo una linea calda per gay. Messo alle strette, il marito confessa: non solo è omosessuale, ma attraverso il 144 ha conosciuto un ragazzo con il quale desidera convivere. Giuliana, insospettita perché tra le 6 e le 8 del pomeriggio, non riesce mai a trovare il marito in ufficio, lo fa seguire da un investigatore privato: e così viene a sapere che il suo Filippo, con il quale è sposata da dieci anni, ha il vizietto di travestirsi e battere i marciapiedi. Per soldi? No, ha un ottimo lavoro: solo per libidine. Non sono le trame di «Donne sull'orlo di una crisi di nervi» seconda puntata. Sono storie vere, raccolte da «Telefono donna», un'organizzazione apartitica e apolitica fondata tre anni fa da Stefania Bartoccetti, per offrire un servizio alle donne e alle famiglie in difficoltà. Una équipe di 40 volontarie - collegate con psicologi, avvocati, assistenti sociali - risponde allo 02-864000: dall'8 marzo 1992 a oggi hanno chiamato circa diecimila persone. Ora l'esperienza è diventata un libro, «Penelope non abita più qui» edito da Sperling & Kupfer. A leggerlo si scopre una città in bilico tra Medioevo e un improbabile Duemila in cui i codici tradizionali di comportamento sono completamente sovvertiti: e si passa continuamente dal raccapriccio al sorriso, perché alcune storie sono proprio curiose. Come quella di Elena e Raffaella, entrambe separate con figli piccoli, che mettono su casa insieme per aiutarsi nell'accudimento dei bambini e risparmiare sull'affitto: il patto è che ognuna può avere gli amanti che vuole, ma gli uomini in casa sono vietati. O quella di Matteo, che lascia la moglie per mettersi a vivere con una giovane copia, dividendo con entrambi tetto e letto. Ma accanto a queste vicende curiose, ce ne sono altre, la maggior parte, che segnalano il profondo disagio ancora radicato nella città che si vuole la più moderna e avanzata d'Italia. Neonati abbandonati da ragazze madri troppo giovani; bambini cinesi sfruttati dai genitori; incesti commessi in fatiscenti alloggi di periferia, ma anche nei palazzi ricchi del centro storico; segretarie minacciate di licenziamento se rimangono incinte; storie di quotidiane molestie sessuali, come quella di Diana, assunta come donna delle pulizie in una banca milanese e insidiata da un alto dirigente. E poi ci sono le infinite denunce di botte, di alimenti mai pagati (Cecilia, divorziata con quattro figli piccoli non riesce a ottenere le grame 500 mila lire al mese accordatele dal tribunale perché il marito, che fa la bella vita insieme a un'altra, risulta nullatenente e disoccupato); di genitori che picchiano barbaramente i figli, ma anche di figlie che seviziano i genitori anziani (come Silvana che prende a botte la madre di 73 anni e il padre di 80 per il suo mancato matrimonio); e le vicende legate all'Aids, come quella di Martina che, qualche settimana dopo il matrimonio, scopre che il marito è sieropositivo e glielo ha nascosto. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Napoli: la giovane è stata anche sequestrata e violentata per un mese dagli uomini del clan *** VENDETTA PER UN AMORE LESBICO RIFIUTATO Le uccidono il fidanzato per aver detto no alla sorella del boss la Stampa 20/3/95 Fulvio Milone CASERTA. A volte succede che un bel sogno si trasformi all'improvviso in un incubo e che una persona che ritenevi amica d'un tratto getti la maschera per mostrare il suo vero volto: quello del tuo persecutore. È capitato a Carla, una bella e ingenua ragazza di 24 anni che ha avuto la sfortuna di incontrare sul suo cammino la donna di un boss: una «lady» della camorra invaghitasi di lei al punto da tenerla segregata per un mese in un appartamento con pareti insonorizzate e violentarla dopo averla drogata. La storia avrebbe dell'incredibile, se a raccontarla non fossero i carabinieri che nella notte tra Mercoledì e Giovedì hanno ammanettato tre persone: Angela Barra, 31 anni, il fratello Carmine di 32, e Luigi De Vito, un operaio di 20 anni. I Barra sono accusati di sequestro di persona, violenza privata e violenza carnale; De Vito deve rispondere solo del rapimento. Ma c'è dell'altro, in questa fosca vicenda maturata in un paese, Teverola, da anni soffocato dalla violenza camorrista. C'è anche un omicidio, quello del fidanzato di Carla, Genovese Pagliuca, morto a 25 anni con la faccia cancellata da una scarica di lupara. Il suo corpo fu trovato in un'auto a pochi metri dalla gelateria di proprietà di Angela Barra, sospettata di essere coinvolta nel delitto. Tutto cominciò un anno e mezzo fa con un bel sogno d'amore. Carla e Genovese si amavano e si sarebbero già sposati se le loro condizioni economiche glielo avessero consentito. Lei, apprendista parrucchiera, guadagnava quel tanto che le serviva per sopravvivere; lui, garzone in una macelleria, doveva mantenere la madre e un fratello con il suo magro stipendio. Fu allora che, come nelle favole che si raccontano ai bambini, comparve la fata buona. Aveva il volto volitivo e il fare deciso di Angela Barra. In paese la conoscevano tutti come la donna di Francesco Bidognetti, un camorrista che prima di finire in carcere le aveva anche dato un figlio. Carla la conobbe nell'ottobre del '93 e subito le confidò le sue pene. Le disse che senza un aiuto economico non avrebbe mai potuto sposare il fidanzato. E lei, Angela, si dimostrò una vera amica: «Non preoccuparti, ti aiuterò. Tanto per cominciare vieni a stare a casa mia, così ti togli da tutta quella miseria». Carla accettò. In principio tutto filò per il verso giusto: la coppia poteva incontrarsi quando voleva e fare progetti per il futuro. Angela sembrava davvero una sorella maggiore, piena di premure e di buoni consigli. A poco a poco, però, tutte quelle attenzioni divennero eccessive e Carla cominciò a sentirsi prigioniera in casa della donna che ormai si comportava come un innamorato geloso, più che da amica fidata. Malgrado le sue resistenze fu costretta a diradare gli incontri col fidanzato che, dopo qualche tempo, fu definitivamente allontanato. Ai primi di gennaio del '94 Angela Barra decise di rapire la ragazza. Con l'aiuto del fratello e di Luigi De Vito trascinò la sua vittima in un appartamento nelle campagne di Aversa, un paesone alle porte di Caserta. Più che una casa era un bunker con tanto di porta blindata e pareti insonorizzate. Qui, secondo i carabinieri, Carla fu violentata dai due uomini e dalla stessa Angela, che la costringeva a prendere dei sedativi per tenerla tranquilla. Le violenze durarono un mese, finché una sera Carla trovò l'occasione e soprattutto la forza di fuggire dalla prigione in cui era stata rinchiusa. Tornò dai suoi, poté riabbracciare il suo Genovese. Decise d'accordo con il suo fidanzato di non denunciare i suoi aguzzini e di tentare di dimenticare. Ma non fu così. Sui due ragazzi cominciarono a piovere minacce anonime e misteriose aggressioni notturne tanto che Carla, disperata, si rifugiò in casa di parenti, lontano da Teverola. Genovese volle invece rimanere in paese. Una decisione che gli costò la vita: il suo corpo fu trovato in un'auto il 19 gennaio scorso, sfigurato dai proiettili. Fu allora che lei decise di raccontare tutto ai carabinieri. «Non ho più nulla da perdere», disse in lacrime a un ufficiale che cominciò ad occuparsi di Angela Barra: un'indagine durata un mese e mezzo e conclusa due giorni fa, con l'arresto della donna del boss. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- MENODIECI, la rassegna staampa di dieci anni fa marzo 1985 Parla Nichi Vendola nuovo eletto nella segreteria nazionale *** IL GAY DELLA FGCI "Essere comunista significa anche rispettare i diversi" la repubblica mar 19/3/95 Stefano Malatesta ROMA. Nichi Vendola ha 26 anni, è pugliese. Qualche giorno fa è stato eletto membro della segreteria nazionale della Fgci, la federazione giovanile comunista. Ha un viso gradevole. In testa calza un berretto blu con visiera, da studente svedese. Intorno al collo è annodata una sciarpa di lana bianca. Porta al lobo sinistro un orecchino d'oro. Nichi Vendola è un gay, il primo attivista omosessuale entrato a far parte della dirigenza comunista. Dice senza asprezza polemica: «Sono sicuro che parlerai dell'orecchino d'oro. Ho già dato un'intervista in cui raccontavo un po' di cose, fatti personali e politici. Dopo ho avuto dei timori, credevo che ci fossero reazioni a Roma, nel partito. Invece i compagni sono stati benevoli. Mi hanno però avvertito: stai attento a non farti ingabbiare nel cliché, il gay alle Botteghe Oscure, eccetera. Prima c'erano i funzionari infagottati nei doppipetti grigi tagliati male, con le cravatte stonate in raso. Adesso l'omosessuale con l'orecchino. Al congresso giovanile avevo un magnifico, luminescente papillon sopra una camicia a righe. Dì, vuoi che ti stringa la mano sotto il tavolo?» Rispondo che il passaggio sotto le forche del commento becero è obbligato: cosa si vuole aspettare, finezze anglosassoni? L'umorismo in Italia, e anche altrove, è spesso di genere caserma, dovrebbe esserci abituato. Però mica posso far finta di essere venuto per le sue preclare virtù politiche di cui tutta l'Italia parla. Sono venuto perché Vendola è il primo dirigente comunista gay dichiarato. Nel 1948 il Pci non ha espulso Pier Paolo Pasolini per indegnità morale? «Sono passati esattamente 37 anni. Sai cosa ho detto al congresso giovanile? Per noi comunisti non si tratta di difendere la grande dignità e i valori dell'omosessualità, ma di acquisire la diversità come elemento di ricchezza per chi vuole ancora trasformare il mondo. È stato il passo più applaudito del mio intervento». L'alluvione di vituperi Mi ricordo di un altro intervento, più volte citato, fatto da Enrico Berlinguer quando era segretario della Fgci, su Maria Goretti: la additava ad esempio per le future generazioni dei comunisti. «Era il dopoguerra. I comunisti venivano descritti come bestie. L'accusa di essere intellettual-frocio-comunista, senza molta distinzione fra i termini, ugualmente vituperati, è stata merce corrente fini a non troppo tempo fa. Da parte del Pci si tentava di difendersi, di proporre dei modelli di moralità sotto quell'alluvione di vituperi. Il difetto stava nel prendere in prestito i modelli dalla cultura cattolico borghese». Ma c'era anche molta grettezza moralistica e bacchettona all'interno del partito. Chi conviveva con una ragazza veniva convocato e avvertito con l'usuale frase: «Compagno, è ora che regolarizzi la tua posizione». E Togliatti ebbe dei problemi quando iniziò la sua relazione con Nilde Jotti. Secchia non scherzava. «Lo stesso Secchia, una volta caduto in disgrazia, fu accusato, non tanto larvatamente, di essere un finocchio, accusa infamante e degradante. Ma erano tempi diversi, il partito continuava a vivere in stato di allarme, non ci si poteva concedere lassismi personali con il nemico o con la sindrome del nemico alle porte. Però Pasolini, tra il '60 e il '70, già poteva scrivere liberamente anche di omosessualità su "Vie Nuove"». Pasolini era uno scrittore celebre, un poeta, un artista. Anche Visconti non venne mai attaccato: Togliatti ne ha fatto sempre grandi elogi. Ma era un'eccezione. L'aristocratico decadente se lo poteva permettere proprio perché aristocratico e decadente. L'operaio in fabbrica no. Diciamo la verità: i compagni lo avrebbero preso a calci nel sedere. «Su Visconti posso essere d'accordo. Ma lui non faceva professione di omosessualità, come non la fa Zeffirelli. In questo senso non sono scandalosi. Invece Pasolini era provocatorio, almeno per quegli anni e il fatto che scrivesse su "Vie Nuove" è significativo.. Però è vero che l'omosessuale in fabbrica, tra i compagni, non aveva vita allegra. Mio padre, comunista da sempre, un uomo magnifico, dolce, andava a fare le spedizioni per picchiare i froci. Una volta mi ha detto: se ti ammazzassi, noi tutti potremmo riacquistare una dignità. Mi ha molto amato, ma per lui, come per tanti altri, gli omosessuali erano solo i turpi individui che adescavano i bambini nei giardinetti. Ma di queste cose non ne voglio più parlare» Non ho l'intenzione di continuare ad insistere su certi ritardi e manchevolezze del Pci. Ma qui, come in altre occasioni, l'azione dei radicali mi sembra sia stata decisiva. Gli altri hanno seguito, anche con riluttanza: tutto questo non gli interessava, soprattutto non faceva parte della loro cultura. «I radicali hanno avuto dei meriti, creando movimenti, flussi, attraverso un'ottica garantista. Ma con qualche casella o piccolo spazio in più di libertà non cambi le regole del gioco, che sono rimaste quasi le stesse. Il "Fuori" voleva creare la cittadella gay, dove gli omosessuali si potessero sentire protetti. I comunisti sono sempre stati contro l'ideologia del ghetto: in ritardo, magari, però decisi a risolvere le questioni, non solo a presentarle, che è molto più facile. D'altronde basta andarsi a rileggere le centinaia di lettere che arrivavano all'"Unità" e a "Rinascita" durante gli anni '70: un dibattito libero» "Anche Natta ci aiuta" Mi dicono però che alti dirigenti del partito non siano stati particolarmente soddisfatti dell'elezione di un omosessuale nella segreteria della Fgci: Chiaromonte ad esempio. «Francamente nel Pci non ho mai avuto problemi, come li ho avuti in famiglia. Credo che oggi comunista significhi anche rispetto dell'altro, essere condannati ad una contaminazione attraverso il rapporto umano: Un rischio che bisogna accettare. Lo sguardo inquietante di un altro uomo può farti crollare il tuo castello di certezze, ma è inutile e stupido fuggire. Sono i liberali che hanno sguardi paralleli, che non s'incrociano mai: l'idea del rapporto come due monologhi. Questa è mummificazione dell'esistente. Libertà comunista è dinamismo, è contaminazione, con le nostre coscienze e i nostri corpi, è buttarsi nella mischia. Io l'ha fatto, sono diventato coscientemente omosessuale, per poi recuperare l'eterosessualità, per poi trovare la sessualità senza aggettivi. Vorrei che ci capissimo, non sto parlando di membri ed apparati genitali, altrimenti torniamo alla caserma». Io credo di capire, ma non so quanti siano in grado di farlo nel Pci, non parlo della Fgci «Giovanni Berlinguer è uno che capisce: aperto, vivace. Anche Natta ci aiuta. Abbiamo avuto un dibattito con lui molto libero. Ripete sempre che bisogna andare fino in fondo, che bisogna parlare, confessarci di più —non dal prete con la cotta— togliersi di dosso tutti i residui di intolleranza. Gli altri non so, sono arrivato da pochi giorni a Roma. Certo l'età conta, ognuno forma la propria cultura in un momento storico preciso. Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti —tema ancor più scabroso— e trattarne con chi la sessualità l'ha sempre vista in funzione della famiglia e della procreazione. Le donne, da questo punto di vista, sono notevolmente più sensibili. Ma il Pci non è un organismo matriarcale». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Parlano Stefano Dionisi e Enrico Lo Verso interpreti del film sul cantante castrato del Settecento, in uscita in Italia e candidato all'Oscar "FARINELLI? SOMIGLIA A MICHAEL JACKSON" la Repubblica mar 14/3/95 Roberto Rombi ROMA. Con il suo fascino androgino esaltato dai costumi sfarzosi, piume e colori, faceva impazzire le folle di mezza Europa. Ma il potere ammaliatore era nella voce. Quella di Farinelli, il più grande castrato del Settecento che, peregrinando per le capitali della musica, si era guadagnato, tra isterismi e svenimenti, il consenso di dame e aristocratici. Alla sua biografia avventurosa, così adatta a essere romanzata, si è ispirato il regista Gerard Corbiau per il film Farinelli-Voce regina che uscirà Venerdì nelle sale italiane. Di questa coproduzione - a cui hanno partecipato Italia, Francia e Belgio - sono interpreti due attori italiani: Stefano Dionisi, nel ruolo del cantante che cerca nella perfezione artistica il riscatto della sua mutilazione, e Enrico Lo Verso, suo fratello, compositore mediocre che sfrutta quella incredibile voce. «Michael Jackson, rockstar dell'ambiguità che fa delirare le masse, ha rappresentato - ammette Dionisi - il primo passo per avvicinarmi a Farinelli che in qualche modo ha anticipato, nel Settecento, i meccanismi spettacolari di oggi. È seguito un lavoro estenuante su come stare in scena, come muovermi. E poi tre mesi di lezioni di canto». Meno tecnico l'approccio al suo ruolo da parte di Enrico Lo Verso: «Affronto la parte dimenticandomi il testo e basandomi sull'improvvisazione. Mi sforzo sempre di immedesimarmi col personaggio e di ricreare un retroterra, quelle cose che magari sullo schermo non si vedono per niente ma che sono ugualmente importanti. Qualche difficoltà con la lingua francese c'è stata. Avevo paura di perdere la spontaneità. Però abbiamo indossato i costumi del Settecento disinvoltamente, come fossero dei jeans». Saranno vestiti invece con lo smoking, d'obbligo per l'occasione, la sera della notte degli Oscar, a cui Dionisi e Lo Verso parteciperanno insieme al regista Gerard Corbiau. Farinelli-Voce regina, infatti, è candidato all'Oscar per il migliore film straniero. Il grande interesse per il tema scabroso e lo sforzo produttivo di impostazione "europea" (costato 20 miliardi a cui hanno contribuito per la parte italiana, Leo Pescarolo e Fulvio Lucisano) hanno già fatto guadagnare al film il Golden Globe e diversi César. È già uscito in Belgio, Svizzera e Francia dove ha superato finora i 20 miliardi d'incasso. Ma la candidatura al prestigioso premio non ha montato la testa ai due attori. Stefano Dionisi - che ha già lavorato in produzioni internazionali come Sostiene Pereira di Faenza a fianco di Mastroianni, Una fille galante di Nadine Trintignant e il kolossal televisivo Giuseppe - pensa che eventuali possibilità nel cinema americano siano «piccole parti di colore. Il cinema americano non mi appartiene e, penso, non mi apparterrà mai». Simili le considerazioni di Enrico Lo Verso: «Mi sento più al mio posto in Europa, anche se un desiderio ce l'ho: lavorare con James Cameron». «Placido Domingo mi ha fatto i complimenti per come so stare in scena» dice Stefano Dionisi che, nelle molte scene delle rappresentazioni teatrali in Farinelli, ha cantato davvero per esprimere lo sforzo dell'esibizione. Nel film però la voce del castrato è stata ottenuta con tecniche sofisticate, miscelando al computer quella femminile e quella maschile di un sopranista. «Potere, successo, denaro non sono cose rimaste confinate nel Settecento. Anche disporre di uomini e donne come fossero oggetti non è un fenomeno solo del passato». Per Enrico Lo Verso «il film si presta a molte letture: la solitudine del personaggio di successo, la sua schizofrenia quando i desideri sono in contrasto con quelli del pubblico, il dramma della diversità. E anche nel rapporto morboso tra i due fratelli affiorano, dietro la superficie di coloro e costumi sgargianti, tutte le componenti di un tormentato dialogo familiare che è insieme quello tra fratelli, tra padre e figlio, tra madre e figlio». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- «È la cosa migliore che ho fatto» dice il regista del suo «Uomini uomini uomini» in cui recita con Ghini, Gullotta e Haber ***ERAVAMO QUATTRO AMICI GAY Christian De Sica dal comico alla commedia più impegnata Il giornale 3/3/95 Paolo Scotti «Questa è la cosa migliore che ho mai fatto». Tira su col naso soddisfatto, orgoglioso, quasi commosso: attorno a lui pacche sulle spalle, «complimenti» e «bravo!»: l'aria di fermento generale - insomma - che si respira nell'anticamera del successo. «Temevo che la gente pensasse: "Figurati, De Sica, quello di S.P.Q.R. e delle commediacce vacanziere: che si sarà messo in testa? E invece stavolta credo d'aver fatto proprio centro». Se non centro, fa di sicuro colpo Uomini uomini uomini: quarto film scritto e diretto da Christian De Sica ma (dopo vent'anni di pellicole «comicarole») «il primo in cui ho cercato di mediare la commedia commerciale col prodotto più impegnato». Non solo perché il suo regista, qui sceneggiatore assieme ad Enrico Vanzina e Giovanni Veronesi, l'ha fortissimamente voluto, e chiesto proprio a quell'Aurelio de Laurentiis produttore simbolo delle «farse spazzatura» di Natale; ma perché costruito su un tema fra i più delicati e rischiosi dell'immaginario filmico. L'omosessualità. «Stavolta ho sentito il bisogno di dire la verità - chiarisce De Sica - il nostro cinema ha sempre immaginato i gay come checche sculettanti con le piume in testa; anzi, qualcuno potrebbe dirmi "ma come, parli proprio tu che per decenni ti sei vestito da donna?". È vero. E infatti quando ho parlato di Uomini uomini uomini a De Laurentiis, gli è preso quasi un colpo. Così come prenderà a quelli abituati a vedermi recitare sempre sopra le righe, farsesco e rivistaiolo.. Ma alla fine l'ho vinta io». E con lui i tre coprotagonisti, calati in drammi, patetismi e goliardia di una vita d'ordinaria amicizia omosessuale. Leo Gullotta, che è Tony, camiciaio con madre malata a carico, il più sentimentale del gruppo; l'ortopedico Dado (Alessandro Haber), ricco, cinico e solitario; il produttore cinematografico Massimo Ghini, detto «il ritardato» perché ha scoperto la sua vera natura dopo aver sposato una donna e fatto un figlio; e l'architetto Vittorio (lo stesso Christian), cui il mondo crolla addosso quando scopre che il giovane amante sta per sposare una donna. «Questi quattro uomini maturi - racconta il regista - cercano di esorcizzare l'emarginazione con la gioia di vivere. Sono come degli Amici Miei del terzo sesso: ma la storia li coglie proprio nel momento di crisi in cui- una volta passati gli anni - ci si rende conto che fare sempre i buffoni no può più bastare.. E avanza lo spettro dietro l'angolo di ogni creatura, gay o no: la solitudine. «Ma noi da vecchi finiremo così?» si chiede angosciato Dado-Haber, osservando il laido omosessuale rimbambito di Carlo Croccolo: e una sottile vena di malinconico patetismo scorre sotto tutte le avventure, le notazioni, gli appunti sparsi del film, volutamente privo di una vera e propria trama: «Certo, noi raccontiamo anche drammi e problemi - considera Haber - ma il film vuole invitare al rispetto e spingere alla speranza». Non volevamo la caricatura facile, la macchietta sorniona e ruffiana - avverte Gullotta - qualcuno trova che gli omosessuali non sono tutti ricchi e realizzati come questi, che il mondo gay non è solo prostituzione, e che i pregiudizi, in fondo, sono diminuiti? - si chiede De Sica - be': io ho raccontato un mondo borghese, che è l'unico che conosco. Con gente che va con prostituti perché non riesce a costruire un vero amore. E in cui il pregiudizio non è affatto calato: pensate che, saputo com'era il film, ci hanno negato di girare in due palestre e in un appartamento per i quali avevamo già il contratto». Uomini uomini uomini (in cui recitano anche Monica Scattini, Paco Reconti, e che esce oggi senza divieti in tutta Italia) descrive il problema ma non propone soluzioni: «O meglio, ne propone l'unica possibile, l'ottimismo. Essere vivi, amare la vita. Anche se è una vita gay». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- FARINELLI, LA VOCE ASSENTE il manifesto mer 22/3/95 Roberto Silvestri Pasquale Festa Campanile, nel 1964, dedicò alla Roma papalina del '700 e alle sue adorate voci bianche una gustosa satira di successo, non priva di accurato pessimo gusto. Oggi ai cantanti castrati, i più fenomenali (e artificiali) di tutti i tempi, sadianamente fatti per erezioni infinite ma senza sperma e godimento, a questi cyborg canterini ineguagliabili per estensione sovrumana della voce, il cineasta belga Gerard Corbiau dedica un film più ambizioso e tragico. Drappeggiato dalle armonie barocche, innervato dalle polemiche ancora attuali che Benedetto Marcello attizzava all'epoca contro certo teatro alla moda italiano, rococò, irritante, freddo nel virtuosismo, dalle carrellate rivestite sontuosamente Tirelli, «Farinelli» è un film concentrato e finalmente ben centrato: sulle angosce dei nostri corpi reali/virtuali, quanto più svettanti tanto più disabili, sulle devastazioni fisiche dell'amore/odio fraterno (degne di «Gli inseparabili» di Croneberg) e sull'incantesimo che una star, in questo caso «Farinelli-Il castrato», divinità scesa in terra per estasiarci (come Madonna o Maradona...), esercita su di noi. Il film è la storia di un virtuoso che deve ritrovare la sua dignità perduta. Che non è nel sesso semiamputato, sterile (come il finale vuol suggerire). Ma nello sganciare il proprio corpo divino, comunque sia ridotto, dalle decisioni e dallo sfruttamento altrui, fino allo spreco, fino al silenzio, fino alla semplice umanità. Verso un estremismo della performance (che sarà regalare la sua arte a un solo monarca). Un'opera, in sostanza, sganciata dalla produzione corrente europea, nonostante il pasticcio coproduttivo (per l'Italia Leo Pescarolo) che costringe al doppiaggio sterminavoci. Il ridoppiaggio in italiano di Enrico Lo Verso (Riccardo Braschi) e Stefano Dionisi (Carlo Braschi-Farinelli) aggiunge perplessità alla mancanza di presa diretta delle voci. Paradossale per un film che proprio alla musica che esce dal corpo e cattura le emozioni più intime, è dedicato. Il film è però già un successo: lussuoso e ricco, incalzante e fluido, intenso e costellato di performance virtuose da applausi ultras. Corbiau ama la musica barocca, ci si nasconde dietro, tra i bisticci tra Haendel e Riccardo Braschi, scodellando le questioni estetiche più noiose: innovazione o retorica? Spirituale o commerciale? Artificioso o artistico? Hollywood o Europa? Ma fuori dal palcoscenico teorico sta il magico del film, nella arie calzate da Dionisi, elmo in testa, mentre l'elettronica si sforza di imitare ciò che il soprano Kristine Diotekom fa a Mozart o un controtenore a Dowland: corpi mutanti, sofferenti, castrati, allenamenti da Tyson, quelli dei cantanti lirici che raddoppiano l'arte altrui. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- CHI HA CASTRATO CARLO BROSCHI? di Marlisa Trombata La pratica della castrazione ha origine in Persia, a Babilonia e in Oriente dove gli eunuchi venivano considerati ottimi servitori e destinati a sorvegliare gli harem. Gli effetti di questa pratica sulla qualità della voce sono dovuti alla laringe, organo essenziale alla fonazione, che conserva una posizione alta e una forma infantile. Come si vede nel film, il bambino veniva stordito con l'oppio e immerso in un bagno di latte per ammorbidire i genitali. Per rendere la voce di Farinelli virtuosissima il regista ha deciso di fondere attraverso un procedimento computerizzato —si chiama morphing acustico— i vocalizzi di un uomo (il controtenore Derek Lee Ragin) e di una donna (il soprano Ewa Mallas Godlewska); con questo sistema è stata ricostruita una voce bianca dalla massima estensione di tre ottave e mezzo. «La voce è la musica più vicina all'essere, esce dal corpo, in presa diretta con le emozioni più intime. E' il più elementare e insieme il più raffinato mezzo espressivo. La voce dei castrati è la suprema perfezione, ci rinvia ad una sorta di armonia universale —sempre sognata— fra i sessi, uomo, donna, persino bambino. La voce dei castrati era tutto questo, indivisibile e meraviglioso, la voce di Dio o degli angeli. Ho sempre voluto fare un film interamente dedicato alla voce». Così parla il regista Gérard Corbiau. Il maggior pregio del film sono sicuramente le parti cantate in cui risaltano i bellissimi costumi di Olga Berluti e le variopinte scenografie di Guido Quaranta ma se ottima è stata la scelta per la voce di Farinelli cantante non altrettanto è stato fatto negli altri casi: innanzitutto nella versione italiana tutti gli attori sono stati doppiati nel nostro idioma tradendo la multietnicità dei dialoghi originali in italiano, francese e spagnolo: ciò causa una sensazione di straniamento tra gli attori percepibile e fastidiosa; Stefano Dionisi ha, fuori dal palco, una voce abbastanza "maschia": l'intenzione del produttore è infatti quella di lanciare l'attore sul mercato italiano col marchio di sex-symbol e ovviamente non poteva perdersi questa occasione; Enrico Lo Verso doppia se stesso abbastanza male con tono quasi monocorde. Il film, nonostante la nomination, non meritava l'Oscar che è stato invece vinto dal russo Sole Ingannatore di Nikita Mikhalkov ed è anzi decisamente non bello: la sceneggiatura non è scorrevole ed è tratteggiato male, per esempio, il rapporto tra il compositore tedesco Haendel e Farinelli, che ingaggiano una lotta a distanza in nome della musica. Nonostante il contesto barocco che in parte li giustifica, molti dialoghi sono decisamente pretenziosi: si va dal «provare un orgasmo musicale» all'«osare il cromatismo del re bemolle» e alcune scene virtuosistiche sono decisamente banali, come il branco galoppante di cavalli bianchi in perfetto stile bagno schiuma Vidal. Gli attori protagonisti sono invece bravi anche se le falle dello script non lo mettono in evidenza: Dionisi rende bene la frustrazione del suo personaggio oscillante tra i fasti della fama e la malinconia esistenziale e Lo Verso comunica con efficacia il trasporto del vigore appassionato di Riccardo Broschi. Il film è comunque da vedere per la sontuosa ambientazione e per l'originalità del personaggio, caso pressoché unico nella storia della musica. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- OMO HOMINI LUPUS di Marlisa Trombata Sapendo che Christian De Sica sarebbe uscito con un film sui gay eravamo pronti al peggio, quindi cerchiamo di salvare il salvabile da questa mediocre pellicola. Perlomeno lo stereotipo classico della checca sculettante è stato risparmiato a tre dei quattro protagonisti (Leo Gullotta è così desideroso di lasciarsi andare a liberatorie "marculenze" ed è così ben calato nel ruolo da rendere inutile ogni rivelazione) e alcune caratteristiche del mondo gay sono state rappresentate nel film, come una certa acidità pettegola e la riconosciuta importanza dell'aspetto estetico. Peccato che la vena malinconica del film si trasformi in disperazione senza rimedio e cinismo sconfinato in frasi del tipo: "Noi gay siamo condannati all'infelicità" oppure "Noi per avere l'amore dobbiamo rubarlo". La scena più brutta del film è un tentativo di violenza ad un ragazzo etero da parte dei protagonisti su una spiaggia che si conclude con una denuncia poi ritirata e con i quattro in questura. Avevamo giusto bisogno dell'accostamento gay-violentatore! Brutto anche l'unico personaggio femminile del film, Simonetta, interpretato da Monica Scattini: visto che è notorio che i migliori amici dei gay sono solitamente le donne, De Sica non poteva almeno lasciarci questo privilegio? No! Simonetta viene tradita dai quattro e sparisce senza lasciare traccia... Salviamo magnanimamente qualche battuta che fa scappare almeno un sorriso anche se nella scenetta sull'Aids non viene rispettato l'anonimato del test Hiv (non sarà anche un po' antipropagandistico?). Ci sono anche scelte registiche davvero infelici, come quella di riprendere il disco con le canzoni di Vittorio De Sica alla fine del film. La cosa più triste è che non c'è una sola coppia gay in tutta la storia e l'unica possibile tra i due architetti è ostacolata da un matrimonio. Va bene che non sarà facile trovare una persona da amare, ma trattarci così... Gli attori recitano tutti anche abbastanza male ad eccezione di Alessandro Haber nel ruolo di un medico cinico ed isterico. Il finale decadente con i protagonisti rattristati dalla solitudine ed invitati come ogni anno a capodanno da un vecchio gay interpretato da Carlo Croccolo è mitigato dalla canzoncina di Jovanotti "Penso positivo": che onore! (o sarà un'ennesima allusione all'Aids?). ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Amori fra donne, Glenn Close in testa, in film e sceneggiati tv. Due libri sulla Beverly Hill delle dive gay. E lesbiche al potere nelle major. Choc? Certo. Ma già visto: quando a scoprirsi furono gli omosessuali maschi ***HOLLYWOOD SAFFO Espresso ven 10/3/95 Silvia Bizio Nuova vita per Saffo. Non a lesbo bensì a Hollywood. Non solo nella fiction cinematografica, ma anche nelle strutture produttive e nel cuore dell'establishment hollywoodiano. Le lesbiche non fanno più paura. Una dozzina di film, tra quelli appena usciti e quelli in produzione, hanno per soggetto rapporti omosessuali fra donne; un libro, "Hollywood Lesbians", di Boze Hadleigh, fa parlare - e lo fa con rispetto e reverenza - alcune attrici e registe del passato (dalla leggendaria costumista Edith Head a Barbara Stanwick, dalla regista Dorothy Arner a Capucine) della loro vita nel cinema come lesbiche. E mentre film popolari come "Boys on the side" (in cui Whoopi Goldberg è una cantante lesbica innamorata del personaggio di Mary-Louise Parker) e "The brady bunch" (in cui una giovane studentessa si prende una cotta per un'amica) nonostante gli accenti scabrosi conquistano il pubblico, i giornali coprono di lodi il tv movie "Serving in silence: the Margarethe Cammermeyer story", in cui Glenn Close interpreta la prima donna di alto rango militare che non nasconde la sue propensioni omosessuali tanto da venir punita e cacciata via dall'esercito (Judi Davis è la sua artista amante). Buone critiche hanno ottenuto anche "Friends" e "Frasier", in cui i rapporti intimi fra donne vengono finalmente affrontati senza tanti timori. E ancora Michael J. Fox produce "Dysfunctionally yours", storia di un'aspirante scrittrice eterosessuale (Helen Hunt) che tuttavia si innamora di una cantante lesbica. Oliver Stone con la sua Ixtlan sta preparando il film televisivo per la Hbo "Conduct unbecoming", tratto dal saggio di Randy Shilts ("And the band played on"), un'indagine colossale sui i gay (uomini e donne nell'esercito americano che sarà diretto da Jonathan Kaplan. Di nuovo Mary-Louise Parker ("Pomodori verdi fritti") reciterà nel thriller "Murder at the nightwood bar", omicidio in un bar lesbico, ed è quasi pronto il documentario "The celluloid closet", basato sul libro di Vito Russo dedicato alla rappresentazione di omosessuali e lesbiche nei vecchi film di Hollywood. Sono già usciti "Erotique" (una trilogia diretta e scritta da donne sulla sessualità femminile) e "Bar Girls", presentato al festival di Montreal, una commedia su un gruppo di donne, i loro balli e le vicissitudini in un bar di lesbiche di Los Angeles (ce ne sono molti intorno a Santa Monica Boulevard, a West Hollywood). Paul Verhoeven sta completando le riprese di "Showgirls", in cui Elizabeth Berkley è una ballerina spogliarellista pronta ad andare a letto con tutti (maschi e femmine) pur di avere successo nell'ambiente dei locali di streap tease di Las Vegas, ed ha un rapporto lesbico con un'altra spogliarellista. Solo questi ultimi due film sono già entrati nel mirino del Glaad (Unione gay e lesbiche contro la diffamazione) cui sono state riferite voci di ritratti negativi delle lesbiche. Hanno chiesto di esaminare la sceneggiatura di entrambi i film, cosa che è stata puntualmente negata. E si può solo immaginare cosa stia escogitando lo sceneggiatore di "Basic instinct" Joe Esztheras, autore anche di "Showgirls", che sta scrivendo "Layers of skin", uno psico thriller su una poliziotta lesbica. Siamo ad anni luce, in altre parole, non solo dagli umori ambigui di un film come "Basic instinct", ma anche dai pregiudizi di un classico come "The children hour" (1962) di William Wyler, in cui Shirley McLaine e Audrey Hepburn interpretavano due lesbiche, in un ritratto non del tutto edificante. E siamo lontani anche dalla tetraggine, per quanto lirica, di un film recente come "Heavenly creatures", ispirato a una storia realmente accaduta in Nuova Zelanda, in cui due giovani amiche lesbiche ossessionate dalla reciproca passione, progettano l'assassinio della madre di una di loro. La nuova ondata saffica è sicuramente più clemente. «Oggi le lesbiche non sono più esseri diabolici e malvagi» dice Daryl Clark, direttore del Glaad, che tre anni fa aveva protestato con veemenza contro la rappresentazione della lesbica serial killer in "Basic instinct". «Film come "Go fish" e "Boys on the side" sono decisamnete rispettosi della donna gay, anzi nell'industria del cinema attrici e produttrici lesbiche sembrano essere molto meno marginalizzate dei loro colleghi omosessuali. Basta guardare Jodie Foster: da anni si mormora che sia lesbica, sicuramente lo è, eppure è una delle attrici più richieste e potenti di Hollywood. Non direi proprio che le voci sulla sua omosessualità le abbiano danneggiato la carriera!» Un'attrice lesbica per sua stessa ammissione è Amanda Boarse, la moglie della porta accanto, coprotagonista della soap opera della Fox Tv "Married with children", la quale ricorda un incontro nel 1985 con il regista di "Fright night": «Temeva che non sarei stata convincente nel ruolo di una femme fatale contesa fra due uomini, ma lo ringrazio ancora per avermi dato la parte. Non sono molto i registi a offrirmi ruoli di donna sexy ed eterosessuale in un paese come il nostro dove, ad eccezione di otto stati, è ancora possibile licenziare qualcuno per le sue inclinazioni sessuali!». Ma qualcosa - anzi più di qualcosa - si muove. A Hollywood (soprattutto dopo "Go fish", presentato l'anno scorso al festival di Sundance), sta facendo capolino quello che alcuni giornalisti hanno definito "lesbian chic", tanto che Julia Phillips addirittura sostiene che c'è chi finge di essere gay per far carriera negli studios. Tutte malignità secondo Barbra Streisand, che ha prodotto "The Margarethe Cammermeyer story", convinta che lunga è la strada per la liberazione dei gay: «Se abbiamo reso anche una sola persona meno omofobica, se qualcuno vedendo questa storia ha provato compassione - e forse anche rabbia nei confronti dell'esercito - allora sarà valsa la pena fare questo film». «Quelle famose porte dell'armadio negli ultimi anni si sono spalancate e si spalancano sempre più ogni giorno», dice Barry Kroft, produttore e manager di Liza Minnelli e Angela Bassett, apertamente omosessuale. In effetti, bisogna riconoscere che Hollywood ha sempre cercato di porsi all'avnguardia nel movimento per i diritti degli omosessuali. «Non importa chi sei o cosa fai, finchè hai una buona sceneggiatura, qualcuno che vuole produrre e la sicurezza che renderà dei soldi», afferma Laura Lloyd, vicepresidente di produzione della Hollywood Pictures, lesbica dichiarata, responsabile di film come "Sirene" che da quando è uscita allo scoperto dice di sentirsi molto più forte e sicura: «Anche se sono ancora pochi gli attori e i registi che hanno avuto il coraggio di ammettere la propria omosessualità. È comprensibile perchè quelli che lo hanno fatto sono imprigionati in ruoli macchiettistici, come Harvey Fierstein, fratello omosessuale di Robin Williams in "Mrs. Doubtfire"». Ancora oggi dunque anche le donne devono stare attente alle loro confessioni. Non ha molti amici, ad esempio, Michelangelo Signorile, giornalista gay di 32 anni che ha inventato il cosiddetto "outing": rivelare nei suoi articoli i nomi di attori o personaggi famosi gay per costringerli a dichiararsi con la convinzione che l'unione fa la forza. Ma gli attivisti omosessuali protestano: «È un atteggiamento violento e inutile, aumenta il pettegolezzo e basta» sostiene Patricia Ireland, presidente del Now (National Organization for Women) e con lei Hilary Rosen, direttrice del Human Rights Campaign Fund, la più grossa organizzazione politica omosessuale. Intanto, Hollywood si prepara a un nuovo choc. In autunno uscirà il libro scandalo della produttrice Julia Phillips "Power lesbians of Hollywood: hot on the trail of les lesbians dangereuses", un contributo, come dice lei, alla conoscenza delle lobbies del potere del momento. «Certo che Hollywood è ancora omofobica, ma nel libro esamino come un gruppo di donne lesbiche sia diventato un punto di forza a Hollywood, così come gli omosessuali uomini erano stati una forza negli anni settanta e ottanta. Le lesbiche a Hollywood non sono più nascoste, contano eccome! E non si fanno più mettere i piedi in testa da nessuno». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- L'ANTIFASHION *** CHI C'ERA E CHI NON C'ERA, IO C'ERA! di Bruno Cross L'attesa era stata snervante , l'avvenimento mondano dell'anno sembrava non arrivasse mai a dispensarci cultura e divertimento ma alla fine eccoci giunti alla 10° edizione del Festival del cinema di Torino a tematiche omosessuali, che cade addirittura nel centenario dell'invenzione da parte dei fratelli Lumiere della meravigliosa macchina dei sogni. Insomma i presupposti c'erano proprio tutti e le mises più eccitanti ed eclatanti si supponeva fossero già uscite dagli atelier degli stilisti del fashion system pronte a stupire e divertire insieme gli spettatori della rassegna che un po' si sarebbero anche tramutati in protagonisti per una settimana ma... che invece fosse cambiato qualcosa dagli anni precedenti già lo si vedeva dalla coda alla cassa. Una larghissima parte delle persone in coda appare nè più nè meno diversa dalla coda che si forma in chiesa per prendere la comunione, tutti ragazzi e ragazze della porta accanto coi visi acqua e sapone del tipo che si vede in giro solo quando ormai solo il provvidenziale cinema britannico fornisce occasione di trasgressione unica nel panorama gay e lesbico italiano. La prima impressione non si modifica affatto entrando in sala, tutto è normale come ad una rassegna di film di Walt Disney, anche la fila dei Vip è di una normalità sconcertante come se gli ospiti esaurite le formalità dovessero trasferirsi in massa al Maurizio Costanzo Show. La televisione registra le immagini di questo convegno di "Azione Cattolica" e se non fosse per qualche alzata di programmi a mò di scudi spaziali al passaggio dei riflettori e della camera nessuno potrebbe capire che si tratta di un Festival a tematiche omosessuali e del resto anche l'intervento della star della serata dal palco d'onore và in questa direzione, non è più necessario ghettizzarsi , siamo cittadini come tutti gli altri e le nostre sfide dobbiamo affrontarle in mezzo al mondo e non restando confinati entro gli angusti limiti delle definizioni "etero", "gay", "lesbica". Il pubblico delle grandi occasioni internazionali c'è però tutto e, a proposito, avete notato la folta delegazione Svizzera? (Per i meno attenti ricordiamo che essa è distinguibile per i campanacci appesi al collo). Eppure ad un secondo e più attento esame della variopinta platea qualche piccolo segno di tendenza fashion per gli anni '90 lo si può trovare: un esempio per tutti l'estinzione quasi totale della specie "culocchialealternativa". In effetti negli anni scorsi abbondavano gli esemplari di questa specie emergente e del cui dilagare più di uno di noi si era spaventato; il rappresentante del genere succitato così come la parola stessa suggerisce si contraddistingueva per l'occhialino in bachelite nera vagamente anni '60 acquistata nei mercatini freak della penisola, il look estremamente trasandato con jeans casualmente stracciatello e la maglia quattro misure più grande. Qualcuno si vede ancora ma niente in confronto al boom di fine 80's..... ; però si sono rivisti con piacere alcuni dei più fedeli rappresentanti di questa casta portare con disinvoltura quest'anno lenti normalissime in alcuni casi tonde modello yuppie di Oliver Peoples oppure non portarle affatto, la domanda è sorta spontanea: lenti a contatto, laser o forse semplicemente occhi sanissimi? (questa domanda insinua che le lenti erano solo un fatto di moda?). Crocissima per gli "iperabbronzatilampadati" che sono ormai in fase di estinzione: quasi tutti tranne quello che era seduto accanto a me che ostentava questo cotto fiorentino sul volto come se fosse sole dei caraibi quando invece era tutta farina del "tanning salon" sotto casa con lampada-a-pressione-lire-cinquemila e che comunque al passaggio della già stracitata telecamera si era nascosto con la testa nelle mutande per non farsi beccare dalla nonna nel Tg regionale del giorno dopo. Resiste invece nel settore lesbico qualche residuo degli "anni belli" che si identifica con il modello "sempre a lutto" comprensivo di scarponcino sadomaso-leather, faccia esangue stile "sono anoressica embè che c'è?" e occhiaia profonda ma sguardo lesso. Tuttavia si è assistito ad un ritorno anche in questo campo delle gonne plissettate di ispirazione "Marta da legare" e da fonti indiscrete pare anche della biancheria intima "Dolce Mara" (così viene fatto salvo anche il principio della par condicio) che sostituiscono quasi del tutto il modello "truckwoman" degli anni scorsi. Dunque se è lecito trarre delle conclusioni e se è concesso a questo "Roberto D'Agostino" dei poveri ( a proposito da fonte sicura viene la notizia eclatante che non è cula) la tedenza per gli anni '90 è: evitare gli eccessi, abbandonare gli atteggiamenti intellettualoidi, cassare i comportamenti da camioniste per abbracciare uno stile di vita più sobrio o se preferite anonimo. Insomma una sorta di "al bando le baraccone". Mi riferiscono poi che hanno avuto luogo anche delle proiezioni di film e dunque non potrei esimermi dal dare un giudizio o esprimere una critica sui films della serata di apertura; tuttavia, tenuto conto dell'ora in cui il presente è stato scritto e del fatto che, se siete sopravvissuti alle due mappazzone frociolesbo della sala 1 è già un bel risultato, non mi sembra il caso di infierire oltre e dunque mi ritiro in buon ordine. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Nuova richiesta di fecondazione artificiale dopo la nascita di Sara, la femminuccia che sta crescendo con due mamme ***ALTRO BIMBO PER LE DUE LESBICHE La strana coppia di Andora ci riprova: adesso vuole anche un maschietto Il Giornale mar 14/3/95 Giorgio Di Gregorio Vuole un altro bambino la coppia di lesbiche di una località dell'entroterra di Imperia che ha già fatto parlare di sé lo scorso anno quando, seguita dal ginecologo Giuseppe Ambrassa, di Andora, ha messo al mondo con il metodo della fecondazione artificiale una splendida bambina di nome Sara. Le due ragazze nei giorni scorsi si sono rivolti al medico savonese, per essere sottoposte alle visite di controllo e hanno preso la decisione. Chi delle due compagne questa volta affronterà la maternità resta ancora da vedersi, ma è sicuro che le donne «marito e moglie» hanno espresso il desiderio di regalare un fratellino, o una sorellina, alla loro primogenita. Impossibile poter parlare con loro. Lo stesso ginecologo vuole proteggere la coppia dalla curiosità della gente e soprattutto dall'invadenza di giornali e televisioni. «Mi adopero soltanto per preservare la privacy di chi ha fatto questa scelta, ma non è il caso di scandalizzarsi. La tecnica della fecondazione artificiale - spiega Giuseppe Ambrata, ginecologo del Ceco - è molto diffusa all'estero. Nel mondo ci sono migliaia di bambini nati felicemente grazie a questo metodo, perché in Italia dovremmo vergognarci se una coppia di donne ha il desiderio di concepire un bambino con la provetta? Credo invece che queste tecniche di procreazione artificiale abbaino un'estrema importanza e vadano incentivate, estese a quelle coppie che hanno l'impossibilità di realizzare il sogno di avere un figlio, la coppia di Imperia ha vissuto questa esperienza nella massima tranquillità. La nascita della bambina, lo scorso anno, ha riportato l'armonia nelle famiglie delle due donne lacerate da pregiudizi e incomprensioni». Sara, assicura il medico, cresce in un ambiente sereno, circondata dall'affetto delle due «mamme» e dei nonni che hanno accettato in pieno una maternità fuori dagli schemi. Per questo motivo le ragazze hanno manifestato l'intenzione di poter avere un altro bimbo. Sono passati ormai dieci anni dalla nascita della prima banca per la donazione del seme in California, ma le polemiche e le perplessità intorno alla fecondazione artificiale, soprattutto in casi come questo, sono rimasti. «Le giovani madri che hanno celebrato orgogliosamente la loro autonomia dal destino biologico dell'accoppiamento - spiega lo psicologo Gabriele Scavuzzo di Alassio - oggi sono donne messe di fronte a un dilemma. Se tacciono ai figli la storia della loro concezione e borbottano vaghe spiegazioni, mentono e nella menzogna muoiono inesorabilmente tutte le ideologie e le speranze. Se dicono la verità, espongono i loro figli allo choc di una scoperta sconvolgente. Figuriamoci poi a che problemi vanno incontro le coppie omosessuali». Chi gestisce le banche del seme preferisce però sorvolare su queste argomentazioni: «Sono problemi che crescono con il crescere dell'età dei figli. Scoprire la propria condizione di figlio nato da una provetta non è più sconvolgente che vedere un padre che picchia la madre o vivere il divorzio dei genitori», dicono a gran voce molti ginecologi, tra cui lo stesso Ambrassa. Nei mesi scorsi sulle pagine di tutti i giornali sono finite le dichiarazioni della campionessa di tennis Martina Navratilova che ha espresso la volontà di concepire un figlio in provetta. Secondo alcuni voci l'ex regina della racchetta di Praga, che ora vive negli Stati Uniti, avrebbe voluto contattare il ginecologo di Andora per conoscere i metodi della inseminazione artificiale. Proprio il caso delle fecondazioni artificiali sarà al centro di una trasmissione che andrà in onda Giovedì sera alle 22.30 su RaiDue condotta da Alessandro Cecchi Paone dal titolo «Mamma provetta, storie di inseminazioni artificiali». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- L'attore si confessa in un'intervista a "Rome gay news" mentre promuove il film "Uomini uomini uomini" ***LEO GULLOTTA: "SONO GAY" la Repubblica 7/3/95 ROMA. Leo Gullotta, in un'intervista al settimanale Rome gay news che ne ha diffuso il testo, ha confessato di essere omosessuale. «Non l'ho mai detto prima - spiega - perché fa parte di un'immagine che in un paese come il nostro bisogna saper valutare e saper dire, visto che immediatamente, nonostante tutti i discorsi che si fanno in proposito e nonostante tutte le battaglie combattute, sei puntualmente additato, soprattutto se sei noto». «Nessuno me l'ha mai chiesto prima - aggiunge l'attore catanese, 49 anni - e non vedo perché l'avrei dovuto dire. Non mi preoccupa tanto quello che si dice, quanto l'utilizzo che poi si fa di queste dichiarazioni. Per esempio, interpretando la signora Leonida in televisione, mi vedo etichettato in continuazione sulla stampa. L'uso che ne fanno non è corretto. E ancora: durante la conferenza stampa di presentazione del film Uomini uomini uomini qualcuno mi ha chiesto se mi sentivo imbarazzato a interpretare il ruolo di Tony. Che vuol dire? Che se interpreto la parte di un magnaccia o di uno spacciatore di droga mi ci devo sentire a disagio? Io faccio questo mestiere, interpreto le cose nascoste che l'uomo di per se fa finta o non riesce ad esternare. Il compito dell'attore è questo... però dietro domande del genere noto un'ambiguità di fondo e non sento mai una serietà, un rispetto». Il popolare attore siciliano, protagonista con Alessandro Haber, Massimo Ghini e Christian De Sica, che ne è anche regista, di Uomini uomini uomini, film che racconta la storia di quattro amici omosessuali, accetta malvolentieri di definire l'omosessualità. «Penso che si tratti di una posizione mentale, di un percorso di vita. Darne una definizione può essere importante o utile a che vive una situazione difficile, a chi magari, in una provincia isolata, ha bisogno di una spinta, di un conforto, o comunque ha bisogno di sapere. In questo caso son ben felice di essergli utile anche con il mio esempio. Ma perché bisogna sempre definire tutto, quasi fosse obbligatorio? È come voler definire la fame, la sete, la gioia, la tenerezza, l'amore, la disperazione...». Più in generale, Gullotta, sottolinea «la snobberia» dell'ambiente artistico italiano. «Se c'è un'emarginazione è proprio quella del cinema, un'emarginazione culturale da parte di uomini da poco. Mi emoziona il cinema civile, d'impegno, dove c'è un momento di riflessione sociale, d'indignazione. Da noi, negli ultimi anni, c'è una grave mancanza di indignazione. Io m'indigno! Non appartengo a nessun carro, non ho mai portato valige a nessuno, per mia scelta. E dormo sonni tranquilli, anche se spesso questo tipo di libertà la paghi o te la fanno pagare, perché a turno dovresti essere o giullare o aggregato di una certa situazione». Ai propri ammiratori, Gullotta invia tramite Rome gay news un messaggio di civiltà: «Se c'è un signore, accanto a voi, mentre aspettate di prendere l'autobus, che magari sta su una carrozzella... evitate di far finta di non vederlo. A lui basta soltanto un sorriso. Gli regalate una giornata positiva. Non fingiamo che le cose non esistano, guardiamole. Avviciniamoci, siamo realisti». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Le testimonianze dirette a una tavola rotonda ieri a Torino *** 'NOI, I DISPERATI DEL SESSO OFF-LIMITS' Sei storie di amore difficile La Repubblica lun 13/3/95 Marco Trabucco Un omosessuale, una omosessuale, una transessuale col marito al seguito, una giovane ex tossicodipendente sieropositiva, un attore di film hard core. Sei vite, prima di tutto. Sei storie di sessualità non ordinaria, ma anche storie della lotta quotidiana che deve affrontare chi si trovi ad amare, baciare, o voglia costituire una famiglia, al di fuori degli imperiosi schemi «eterosessuali». «Problemi sessuali in situazioni particolari» era il titolo della tavola rotonda organizzata dalla Scuola superiore di sessuologia clinica di Torino, ieri mattina, all'hotel Concord. Moderatori il coordinatore didattico Giovanni Cociglio e Claudia Simonelli, docente di Psicologia alla Sapienza di Roma ed esperta di problemi sessuologici legati all'Aids. Attorno a loro i sei protagonisti a raccontare le loro storie. Maria, 50 anni, fino al '90 per l'anagrafe era Mario. «Mi sentivo donna da sempre» dice. Quattordici anni passati in un paese del Piemonte per poi venire in città, con la famiglia. Una famiglia che sapeva e accettava («per fortuna non mi hanno cacciata di casa come succede a molti»). A patto che tutto accadesse fuori. Ci ha messo 40 anni Maria per andare a vivere da sola; 45 per vestirsi da donna, farsi operare, dopo aver trovato un compagno, Giovanni che ieri era con lei e col quale è regolarmente sposata. Dopo anni di sofferenza, «oltre 4000 rapporti ho avuto, li segnavo sul calendario, e mai un momento di tenerezza. Con gli omosessuali non funzionava, mi sento una donna, volevo un maschio vero. E loro, i «maschi veri», che fuggivano spaventati o si concedevano per una avventura «fuori orario». Ha perso il lavoro Maria, quando ha deciso di essere se stessa («ma ne ho trovato un altro, si può rischiare»). Simona, neolaureata, fidanzata con una quasi coetanea, racconta la normalità della sua relazione «si va al cinema, si guarda la tv, si fa sesso. Tra un anno magari andremo a vivere insieme», ma anche le difficoltà: «Un figlio? La voglia di maternità c'è». Ma c'è anche il mondo lì fuori: «Dirlo così può far ridere. Ma quando poi a scuola chiedessero al bambino "Cosa fa tuo papà?", "Papà? Io ho due mamme!", beh, non so se riderei più». Durissimo Angelo Pezzana, leader storico del movimento omosessuale in Italia: «Perché tra i gay esistono meno coppie regolari? Sono cose che dice l'Espresso. In realtà a me il problema non si è posto. Per un omosessuale in Italia è impossibile formare una famiglia. Perché ciò che tiene insieme le famiglie eterosessuali sono figli e patrimonio. Comunque, visto come funzionano, non credo di perdermi niente». I problemi di Paola sono altri: una frigidità che l'ha portata, dice, alla droga: «Molta gente che si fa, lo fa perché l'eroina ti fa sentire disinibita. Anche se poi, tra i tossici, pochissimi raggiungono l'orgasmo». Ha deciso di uscire dal buco Paola, ma è arrivata un'altra grana: sieropositiva. «Avevo sempre fatto attenzione, non è stata una siringa, ma un'amica. L'ho curata dopo che si era tagliata, io avevo una ferita alla mano... lei non mi aveva detto niente». Odio? «L'avrei odiata, prima di sapere. Poi ho capito perché succede. Non puoi dirlo, nessuno ti accetta, la gente scappa». Amore, sesso? «Per i sieropositivi l'unica soluzione è il ghetto, vivere amore e sesso tra di noi. Come faccio a dire a uno che mi piace, subito, "ho l'Aids?". E se mento una volta, il rapporto è già minato». Ultimo Adriano Galli: è bello, giovane, benestante, macho. Sfrontato: «Faccio l'attore hard core. E l'accompagnatore, il prostituto». L'animatore nei club per scambi di coppie. Perché? «Non mi è mai piaciuto lavorare. Così guadagno bene e faccio una cosa che mi va. Come resisto in certe scene? Non mi masturbo mai e cerco di concentrarmi su un particolare, di usare la fantasia. Problemi ne potrei avere più fuori dal set, lì hai a che fare con le donne tutte intere. Ma per ora non ho ancora voglia di un vero rapporto di coppia, anche perché è difficile trovare una donna che mi capisca, che sappia separare come me lavoro e vita privata». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** ROBIN WILLIAMS NEL "VIZIETTO": "DIMENTICHERETE SERRAULT" la Repubblica 7/3/95 HOLLYWOOD. Robin Williams torna a travestirsi nel "Vizietto". Dopo molte esitazioni "Mrs. Doubtfire" ha firmato il contratto per cominciare a girare il mese prossimo il remake di "La Cage aux folles" di Mike Nichols nell'adattamento di Elaine May. «Sono pronto - ha detto l'attore - a mettercela tutta per far dimenticare al pubblico Michel Serrault». Al suo fianco avrà, nella parte che fu interpretata da Tognazzi nel film di Eduard Molinaro, Nathan Lane, attore di teatro più conosciuto per aver dato voce a Timon, nella versione originale del "Re Leone". Dopo quest'ultima "follia", Williams dovrebbe recitare per Francis Ford Coppola in "Jack", un film sulle manipolazioni genetiche. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- TRASMISSIONI VIA ETERO *** QUANDO INVECE DEL LUME DI CANDELA... di Sten Come al solito ero riuscita ad arrivare in ritardo. Speravo che anche il treno avesse avuto dei problemi di parcheggio!! Trenta minuti da passare a recuperare il fiatone per la corsa verso i binari. E osservare. Appoggiata al muro, un po' nascosta. Lui camminava. Un piede davanti all'altro, trascinati come se fossero pesantissimi, mai fermi. Il giro era quasi disegnato sul pavimento lurido della stazione. Non sapeva che lo stavo guardando. Le mani in tasca lo sguardo sulla punta degli stivali e poi di colpo negli occhi di un uomo. Non so come, ma ho cominciato a pensare che lui stava battendo. Perché? Non guardava mai l'orologio, né al suo polso, né appeso al muro, non avere interesse per l'ora è un po' strano per chi aspetta alla stazione. Non riusciva a stare fermo, camminava, senza meta, apparentemente. Già, perché nessun binario lo attirava, nessun treno in arrivo o in partenza. Tanta gente ferma, in piedi, ad aspettare come me. E lui che dribblava tra un fungo incappottato e l'altro.... in cerca di uno sguardo. Mi sembrava la pallina di un flipper, quel suo avvicinarsi ed allontanarsi. Per un attimo un sorriso mi è affiorato dalla sciarpa, quando lui, dirigendosi verso i cessi con la sua camminata pesante, era seguito da un giovanotto baldanzoso che gli stava proprio ad un passo. Eh ben!!! Tutto è bene quel che finisce bene, ho pensato, ci vuole meno di mezzora di maratona per beccare a Porta Nuova! Invece no, il baldanzoso deve aver cambiato idea strada facendo, perché è tornato indietro... paura? timidezza o inconsapevolezza?? La cosa che più mi divertiva era vedere dipinta sulla faccia degli uomini l'inconsapevolezza. Quella totale ignoranza per tutto ciò che accade fuori dalle mura di casa, fuori dalla macchina, fuori dal cappotto, fuori. Qualche babbo che aspettava la figlioletta ritornata dalle vacanze, qualche fidanzato ansioso e qualche marito scocciato sono stati avvicinati ed osservati da Lui. Come avrei voluto dire loro che cosa stava succedendo, spiegare... ma tanto non mi avrebbero creduto. Figuriamoci, battere alla stazione, mi avrebbero sicuramente detto che stavo fantasticando ad occhi aperti e nulla di quello che stavo pensando poteva essere vero. Ho già notato più volte una certa diffidenza nei confronti dei luoghi di battuage. Chi accetta che esistano proprio non riesce a capirne la dinamica, chi comprende solitamente giudica. Quando si parla di "incontri" mi rendo conto della distanza tra i due universi che sono sempre l'argomento centrale di questa rubrica. Non so come fare a riportare le opinioni di un'eterosessuale quando alla domanda: «Cosa ne pensi dell'incontrarsi così, per strada magari ai cessi della stazione...» lui ti risponde beatamente: « Ma vaaaa! Burlona ... ma cosa dici... non prendermi in giro!! Mica succedono 'ste cose qui, e poi quello lì starà aspettando la fidanzata come me...mi sa che tu vedi un po' troppi film!». Non sono mica demoralizzata, assolutamente! Mi sembra di avere di fronte la scimmietta con le manine sugli occhi: non vedo, non voglio vedere! Non voglio per non ammettere che esiste un mondo diverso dal mio, una realtà altra. Che paura che hanno questi bei maschietti di affrontarsi allo specchio, sarà poi così difficile e complicato dimostrare di essere veri uomini? Non so esattamente cosa accade per le donne, non esiste forse la stessa abitudine a battere. Ma ci sono sicuramente dei luoghi comuni e dei pregiudizi che gli etero hanno sviluppato (negli anni) nei confronti delle lesbiche, andremo a scoprirli la prossima volta, se avete qualche interessante suggerimento scrivete in redazione. Ogni tipo di collaborazione è ben accetta. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- L'OROSCOPO di Mirtha ARIETE Alzando la testa vedrete un po' di nubi sul vostro orizzonte amoroso, ma dopo il temporale il sole tornerà a splendere (ammazza quanto sono poetica...). Migliori prospettive le avrete in campo economico con ottime e brillanti idee per promuovere nuove fonti di guadagno. Migliorerà anche la vita di chi vi sta vicino. TORO Miglioreranno i rapporti con famiglia e parenti (se non li avete già fatti fuori il mese scorso!) e questo sarà un momento positivo per sistemare affari che riguardano le case o le proprietà immobiliari comuni. Nel corso di questo mese, essendo tranquilli per il lavoro, potrete dedicarvi più intensamente alla vita sociale: sarà un'ottima occasione per allargare la cerchia delle vostre amicizie e conoscenze. Possibilità d'incontri romantici tramite amici. GEMELLI Momento positivissimo per il lavoro e la carriera e di riflesso anche per i guadagni; oltretutto riconoscimenti del vostro operato gratificheranno il vostro amor proprio. Mese importante dal punto di vista sociale, infatti potrete condurre una vivace vita mondana, conoscere gente interessante e passare notti emozionanti. Vita quotidiana e rapporti con l'ambiente che vi circonda saranno più dinamici ed elettrizzanti. CANCRO Forti influssi astrali vivacizzeranno sia il vostro campo lavorativo sia quello del guadagno: approfittatene cercando contatti con chi potrebbe esservi d'aiuto. Sarà un mese decisivo per far brillare finalmente le vostre attività di luce nuova e vi toglierete di dosso quell'espressione scontenta ed annoiata da Lunedì mattina! Ottime influenze sulla vita affettiva, sarete disponibili alle novità ed agli incontri divertenti ed eccitanti, anche se non vivrete grandi storie d'amore. LEONE Periodo favorevole in campo professionale e finanziario forse proprio perché ritroverete in voi le capacità di sfruttare tutte le situazioni in modo congeniale, giungendo a realizzazioni positive. Riuscirete ad organizzarvi perfettamente e non vi sfuggirà il più piccolo dettaglio di ordine pratico. La primavera vi porterà a sognare ad occhi aperti e vi sentirete ancora più felici e farete partecipi anche gli altri del vostro entusiasmo. Brevi viaggi col vostro tesoruccio. VERGINE Sarà un buon mese per i rapporti di coppia, con un'intesa e un'armonia più profonde del solito (finalmente avete capito che vi piace la stessa acqua minerale). Per alcuni potrà esserci un notevole afflusso di denaro. Molti di voi potrebbero essere spinti allo studio delle scienze occulte o ad approfondire interessi che vi daranno maggiore serenità (e non sto parlando di canne). BILANCIA La primavera vi offrirà splendide opportunità nel campo delle amicizie e delle relazioni sociali, mentre quelle sentimentali potranno essere influenzate da gelosie, prese di posizione e discussioni. Sarà il momento di essere molto più comprensivi e diplomatici con la persona amata (non ditegli/le che non vi piace l'ultimo tailleur che ha comprato espressamente per voi). Non dovrebbero esserci particolari preoccupazioni per quanto riguarda la vostra attività lavorativa, ma non per questo dovrete disinteressarvene: non lasciate nulla in sospeso. SCORPIONE Non sarà certo un mese che vi lascerà in ozio, poiché sarete sempre all'erta per cogliere immediatamente tutte le occasioni che Venere vi proporrà a profusione. Grande armonia nei rapporti consolidati da tempo. Finalmente uno spiraglio di luce per chi è disoccupato, ma dovrete essere disponibili ad adattarvi, anche se il lavoro che vi verrà offerto non è esattamente quello che sognate da sempre. Incassi imprevisti vi permetteranno di realizzare un progetto che avete da tempo nel cassetto. SAGITTARIO Vi sentirete tranquilli e sereni in famiglia. Questo mese riceverete interessanti proposte di lavoro: non abbandonatevi però a facili entusiasmi e non dimenticate i progetti ai quali vi state ormai dedicando da tempo. Per molti è in vista un buon incontro, anche se non sarà necessariamente una persona che ancora non conoscete; sarà quasi una sorta di compensazione dopo le molte delusioni subite in passato. CAPRICORNO Sarà un periodo che vi vedrà molto impegnati nelle responsabilità quotidiane, ma vi metterà anche in primo piano nella vostra attività lavorativa. I contatti con le persone a voi più vicine saranno ottimali; ci saranno possibilità di incontri vantaggiosi dal punto di vista professionale e, per qualcuno, anche sentimentale. Novità simpatiche anche in famiglie (le eredità, mi dispiace, non c'entrano nulla). ACQUARIO Questo sembrerebbe proprio un mese adatto per i cambiamenti e il successo nel lavoro, con possibilità di stipulare contratti molto vantaggiosi anche dopo proposte un po' inconsuete (potrete finalmente barattare al balôn il/la vostro/a partner con due pentole d'ottone, un girocollo di perle finte e un calzino usato di Ambra). Per chi davvero è in cerca di una nuova compagnia, è il momento giusto per cominciare a guardarsi intorno. PESCI Vi attende un mese di grande impegno in campo lavorativo: sarete presi da un turbine di avvenimenti e le giornate vi sembreranno davvero brevi. Ben disposti psichicamente, vi scuoterete dalla vostra abituale pigrizia caratteriale, adeguandovi al generale risveglio di stagione. Sarete molto affascinanti e predisposti a corteggiare e ad essere corteggiati: i vostri incontri d'amore saranno pervasi da tenerezza e romanticismo. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Molti giovani a colloquio con Leavitt alla Luxemburg *** LE PICCOLE STORIE DI DAVID Sta preparando un nuovo romanzo la stampa mer 15/3/95 Silvia Francia Sala gremita di volti giovani. Attentissimi a non perdere una sillaba di un verbo letterario che, evidentemente, li coinvolge. Partecipazione, amichevole e ammirata, per il «papà del minimalismo» David Leavitt, che ieri ha incontrato il pubblico alla libreria Luxemburg, in occasione dell'uscita del suo recente romanzo «Mentre l'Inghilterra dorme» pubblicato da Mondadori. Padre putativo di una fortunata formula letteraria: ma con l'aria da ragazzo e i modi cordiali del giovane bene educato, che invogliano gli adolescenti spettatori a lanciarsi in interrogatori più complici che compunti. In giacca scura, camicia rosa, immancabili jeans e occhiali argentei, Leavitt racconta, risponde (talvolta con domande) ai quesiti, firma valanghe di libri. Parla a ruota libera lo scrittore americano che, a soli 23 anni, conquistò critica e pubblico con i suoi racconti intitolati «Ballo di famiglia»: con il suo ritratto di una società instabile, sradicata e percorsa da una vertigine d'angoscia. La sua chiacchiera assomiglia alla sua prosa «fuor di maniera», raffinatamente naïf, ancorata a tempi e cose del quotidiano. Parla di vita newyorchese e di impegno sociale: dalle prime marce gay al Greenwich Village a quelle attuali che «più che impegnate, sono commercializzate e strumentalizzate». E ancora, dall'Aids agli aneddoti sui piatti della cucina italiana, con divagazioni su pesto e basilico. Un disinvolto conversare, che lo scrittore interrompe, talvolta, scusandosi per il proprio cattivo italiano. «Com'è questo tuo libro rispetto ai precedenti?» domanda un ragazzo in sala. «Dovresti dirmelo tu, perché io davvero non lo so. L'aspetto che più mi interessa, comunque, è la velocità del ritmo narrativo». Altre domande riguardano la politica, giudizi su film, progetti per il futuro. «Sto scrivendo un romanzo ambientato fra il secolo scorso e quello attuale, a Firenze, città dove vivo». Pacato, simpatico, cordiale, il novello Salinger (così fu definito), pifferaio magico per una generazione di giovani lettori, tutto sembra fuorché un intellettuale propenso alla polemica. Eppure, di polemiche ne ha suscitate parecchie con il suo ultimo romanzo «While England sleeps» (così il titolo originale), ispirato alla biografia dello scrittore inglese Stephen Spender: Alle accuse di plagio e al clamore di giudizi e recensioni, il biondo Leavitt risponde con benevoli sorrisi e «understatement» a volontà. Che altro, dal profeta del minimalismo? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Esce in Francia una sorprendente biografia dello scrittore a tutti noto come omosessuale *** COCTEAU, UN INSTANCABILE SCIUPAFEMMINE Corriere della Sera dom 12/3/95 Ulderico Munzi PARIGI. Natalie Paley era una radiosa principessa russa, nipote dello zar Alessandro III. A 13 anni era sfuggita agli eccidi della rivoluzione. A detta di Serge Lifar, aveva le più belle braccia del mondo. Nel 1927, quando la vide, Jean Cocteau se ne innamorò. Un colpo di fulmine. Natalie, che era sposata con il grande sarto Lucien Lelong, rimase incinta, ma volle abortire. Il poeta, che voleva un figlio, s'infuriò: «Natalie temeva un miscuglio di sangue Romanov-Cocteau», annotò nel suo diario. Questo amore durò degli anni. Jean Cocteau era già riconosciuto come il «vulcanico mago» della Parigi di allora. Le poesie e poi drammi come l'Orfeo e l'Antigone. Tutti sapevano che era omosessuale. Ma Natalie Paley, che gli scriveva «Amore mio, mi addormento fra le tue braccia...», risvegliò in lui una sorta di rivolta contro la propria identità. Ecco che ci troviamo al cospetto di un Cocteau sorprendente. Chissà se Jean Marais, che ne divenne l'amante negli anni Trenta, si arrabbierà scorrendo le pagine del libro di Dominique Marny. Ha un titolo un po' dissacrante: Les belles de Cocteau, editore Jean-Claude Lattès. Le belle donne di Cocteau: muse, amanti, amiche, complici nella creazione. E poi la madre Eugènie. Dominique Marny è la pronipote di Cocteau ed è andata a frugare negli archivi segreti di Milly-la-Forêt, dove l'uomo che diceva di se «sono uno sconosciuto celebre» morì nel 1963. E tra quelle carte Dominique ha trovato il materiale per tracciare, attraverso le «sue» donne e non attraverso i suoi uomini, un ritratto in gran parte inedito. Una foto di gruppo con signore. Tra queste si staglia, presenza sconvolgente, Natalie Paley, la figlia del granduca Alexandrovitch. Alcuni personaggi come Anna de Noailles, Coco Chanel, Colette, Misia Sert, Louise de Vilmorin e Valentine Hugo hanno lasciato un segno incancellabile sul XX secolo. Hanno lasciato un segno anche nella vita di Cocteau. La pronipote di Dominique mette in evidenza una data: il 5 aprile 1898. Quel giorno accade un fatto che resterà impresso come un marchio sull'anima di Jean Cocteau. Suo padre, George, si uccide con un colpo di pistola. Jean ha 9 anni. Nel 1929 scriverà: «Il pederasta riconosce il pederasta come l'ebreo riconosce l'ebreo. Lo scopre sotto la maschera... Io ho sempre pensato che mio padre mi rassomigliava troppo per essere diverso su questo punto capitale. Aveva scoperto i gusti che non aveva mai avuto occasione di soddisfare? Alla sua epoca ci si uccideva per molto meno...». Eugénie Cocteau è una madre che non vuole perdere suo figlio: «La casa senza di te è vuota», gli scrive. Non vede di buon occhio le sue avventure femminili. Sente, ma si rifiuta di ammetterlo, che si sono già delineate in lui certe tendenze. Eppure, Jean si concede alle donne. Un'attrice di nome Reynette, che ha una parte accanto a Mistinguett, è il suo battesimo del fuoco nel 1906: «Com'ero felice ieri di sentirti dentro di me...», gli scrive Reynette. E nel 1908 Christiane Mancini, pianista, lo implora: «Piccolo mio, come vorrei le tue labbra». Lui le risponde in versi, quasi con odio: «Talvolta vorrei graffiarti e morderti, cavarti quegli occhi troppo neri, troppo profondi...». È già arrivato al gran rifiuto, forse in nome del padre suicida. Nel 1911 comincia ad apprezzare la compagnia della poetessa Anna de Noailles che esercita su di lui l'influenza di una sorella maggiore. Riceve Jean nella sua camera da letto che profuma di giacinti. C'è poi Misia, moglie del pittore spagnolo Josè Maria Sert. Sono i giorni del sodalizio con Jacob, Picasso, Modigliani, Radiguet. Sotto un'apparenza di grande femminilità, Cocteau trova in Misia un'amica che si arroga gli stessi diritti degli uomini e questo atteggiamento lo seduce. Misia lo fa entrare alla corte di Djagilev, il coreografo dei Ballets Russes. E dello stesso stampo di Misia, pur essendo figure contrastanti, sono Coco Chanel e le scrittrici Colette e Louise de Vilmorin. Quest'ultima è una sorella , una santa, un rifugio. «Non mi abbandonare solo in questo mondo», le scrive Cocteau. Ed è a Louise che rivela, nel 1934, le sofferenze che gli procura la passione per Natalie Paley: «La mia adorata s'ostina a essere folle e crudele. Vive nel senso di colpa questo nostro amore. Io le chiedo solo di essere leggera come la neve». Natalie non sarà mai dimenticata. Neanche lo splendido Jean Marais dell'Edipo Re riuscirà a cancellarne l'immagine. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** CHOC ALLA BBC, IN ONDA LE PERSONE «SENZA SESSO» Né uomini né donne, né transessuali né omosessuali, si fanno asportare gli organi e dichiarano di vivere in perfetto equilibrio il giornale mar 28/3/95 LONDRA. Ha impiegato dodici anni per diventare quella che è oggi e per essere felice: Christie Elan-Cane si è fatta tagliare il seno. Poi, ancora insoddisfatta, si è sottoposta all'asportazione dell'utero ed ora non è né donna né uomo e confessa che questa è la condizione alla quale ha sempre aspirato: trasformarsi in essere umano «neutro». 37 anni, colta, intelligente, di famiglia borghese, Christie ha il cranio rapato a zero ed è a suo modo bella ed elegante, avvolta in ambigui camicioni e sciarpe. Né travestita, né transessuale, né tantomeno omosessuale, ma semplicemente priva di una precisa identità, è ora soddisfatta: ma ha la vita difficile perché la gente - appena sa - la respinge. Però non è sola: in un programma choc che non ha precedenti la Bbc ha intervistato altri come lei e il dottor Leslie Feinberg spiega che in questa fine di millennio «si assiste alla nascita di una generazione di persone che non accettano di essere né di un sesso né dell'altro, gente che vuole essere riconosciuta come appartenente a qualcosa di intermedio». Christie ha ora un compagno di sesso maschile, anche se «non è proprio lo stereotipo del maschio». A 31 anni, dopo un decennio di vane insistenze, riuscì a trovare un chirurgo disposto a tagliarle il seno. «Era il mio cruccio principale, la cosa del mio corpo che mi piaceva meno» racconta alla Bbc. Due anni dopo si sottopose all'isterectomia, cioè la rimozione dell'utero. «Solo allora ho cominciato a sentirmi bene. Prima c'era qualcosa che non quadrava, una divergenza tra il mio stato mentale e il mio aspetto fisico. Non mi sento né donna né uomo e tale voglio apparire per essere veramente me stessa». «Non è stato facile trovare la strada giusta. Già da piccola odiavo il mio corpo. Non volevo essere femmina, ma sicuramente neanche maschio. Poi ho avuto i primi rapporti sessuali e sono stati un disastro. Ho pensato di essere lesbica ma non era così. Ora ho trovato la mia vera collocazione». Dopo tante tormentate vicende, Christie vuole laurearsi in scienze politiche e impegnarsi in una campagna volta a far capire alla gente «che non è sempre possibile etichettare qualcuno in una delle due categorie sessuali esistenti». «Esseri come questi sono ormai molti e il loro numero è in crescita. Su Internet, sono 46 mila ogni mese le chiamate indirizzate al bollettino elettronico relativo al sesso neutro», ha rivelato il dottor Feinberg. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- *** GLI EUNUCHI IN INDIA VOGLIONO IL SUSSIDIO STATALE: «SIAMO HANDICAPPATI» Una tradizione millenaria è a una svolta: gli appartenenti al «terzo sesso» non riescono più a sopravvivere e chiedono che il loro ruolo venga tutelato Il Giornale gio 2/3/95 NEW DELHI. Con gli occhi pesantemente truccati, i sari di colori sgargianti e il loro particolare modo di ballare, con la loro aria ambigua che un po' spaventa e un po' attrae, gli «hijdas» (termine che indica eunuchi, ermafroditi e omosessuali particolarmente effeminati) sono per gli indiani delle figure familiari. Si presentano - di solito non invitati - in occasione dei matrimoni e, soprattutto, delle feste per la nascita di un bambino. Sperano sempre che il piccolo sia uno dei loro e che i genitori acconsentano a cederglielo. Raramente questo avviene e gli hijdas si accontentano di qualche migliaio di rupie che nessuno nega, in parte perché pagarli è l'unico modo di toglierseli di torno, in parte perché si ritiene che scacciarli porti sfortuna. I tempi cambiano e ora gli hijdas, che hanno tenuto una riunione nazionale a Garbeta (nell'India orientale, vicino a Calcutta), chiedono di essere riconosciuti come handicappati e di ricevere un sussidio statale. «È tutta colpa della pianificazione familiare - dice Gangajali, un eunuco bengalese di 35 anni - ora la gente ha uno o due figli al massimo e noi abbiamo perso la nostra fonte di sostentamento». Gli hijdas vivono di solito in una forma di famiglia allargata e la loro principale attività, oltre alla partecipazione alle feste, è la prostituzione. Alla riunione di Garbeta hanno partecipato duemila delegati in rappresentanza di circa 500.000 hijdas che vivono in tutta l'India. Il presidente e organizzatore della riunione, Sitarani, ha minacciato di lanciare in tutto il paese un movimento di protesta se la richiesta non sarà accolta. Spiega Khairati Lal Bhola, presidente di una delle associazioni di eunuchi: «Un'indagine ha rivelato che su cento hijdas solo uno o due nascono con malformazioni congenite. Gli altri hanno subito operazioni, spesso loro malgrado». L'operazione viene sovente eseguita in modo rudimentale: il paziente viene fatto ubriacare prima e dopo viene curato con delle erbe miste a sterco di vacca, un preparato che aiuta le ferite a cicatrizzarsi rapidamente. Sussidio o non sussidio, nel mondo degli hijdas c'è qualcosa di più di quello che un osservatore appartenente al mondo dei «normali» riesca a capire. Kushwaant Singh, uno dei più famosi scrittori indiani, li ha descritti così: «Ci sono tanti tipi di hijdas quanti sono i tipi di uomini e donne. Alcuni sono interamente maschi, altri interamente femmine. Altri hanno mascolinità e femminilità mischiati in differenti proporzioni, difficili da indovinare dietro il pesante trucco. La ragione per la quale preferiscono vestirsi da donne è che nel mondo degli uomini ogni deviazione dalla norma è guardata come una mancanza di virilità. Le donne sono più generose». ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- LA POSTA *** A SCUOLA SI VA PER IMPARARE Carissimi tutti, è un piacere ricevere le vostre lettere con gli argomenti più disparati ed è un privilegio potervi ritrovare qui, sulle pagine di InformaGay, dove spero di riuscire a darvi risposte esaudienti. A quanti mi chiedono se abbiamo preso in considerazione l'opportunità di inserire una rubrica di annunci personali tra le pagine del nostro giornale (per "nostro" intendo dire di noi che lo facciamo e di voi che lo leggete), posso anticipare che stiamo studiando la formula giusta e che presto saremo pronti a offrirvi anche questo servizio. Alcuni poi mi domandano se c'è la possibilità di collaborare con noi e qui, ragazzi miei, senza la minima esitazione sento di interpretare il pensiero di tutta la redazione e di darvi una risposta più che positiva. Positivissima. A tutti coloro che sostengono sia poco "personale" iniziare una lettera con "Caro InformaGay..." (simpaticissima a questo proposito la letterina tutta pepe di Angelo di Torino), posso sicuramente fornire il mio nome (Mirko) e se non vi piace non so davvero cos'altro potrei fare se non cedere la rubrica a qualcun altro. Ma davvero volete vedermi annegare in un mare di lacrime ? A quanti invece vogliono assicurarsi una copia della rivista tutti i mesi, non posso che consigliare di sottoscrivere l'abbonamento. Riceveranno puntualmente e in busta chiusa il loro malloppo di notizie e ci daranno una mano a migliorare sempre di più. Vi aspetto con la solita piacevolissima ansia. Mirko Caro InformaGay, ho diciotto anni, sono al penultimo anno delle scuole superiori e credo di essermi innamorato del mio insegnante di italiano. È un uomo di trentacinque anni molto affascinante e qualcosa dentro di me mi dice che ci sono buone possibilità che sia gay. Ho provato a indagare ma nei panni di Sherlock Holmes sono piuttosto goffo e così non sono venuto a capo di nulla. Vorrei chiederglielo ma ho una paura folle di fare questo passo che potrebbe ritorcersi contro di me. Effettivamente se i miei sospetti fossero giusti, risolverei il mio problema che forse potrà apparirvi poco importante e avrei finalmente la possibilità di parlare di quello che sento con qualcuno. Se però mi stessi sbagliando, lui potrebbe parlare con i miei genitori e io rischierei di complicarmi la vita senza venire a capo di nulla. Sono sicuro che mia madre capirebbe, e forse ha già capito, ma non credo che per mio padre sarebbe lo stesso. Non so cosa fare. Cosa faresti tu al posto mio ? Dodi. Caro Dodi, a prescindere dal fatto che non ritengo ci siano problemi poco importanti, posso dirti cosa a suo tempo feci io con il mio insegnante di musica. Gliene parlai apertamente perché in tutti i casi ritenevo che il dialogo fosse davvero l'unica soluzione possibile ed in più ero certo che avrei avuto la sua discrezione. Andò proprio così. Credo che in alcune circostanze sia necessario correre qualche rischio e, oltre a questo, credo che in ognuno di noi agisca una specie di sesto senso che ci dà una mano nel prendere una decisione piuttosto che un'altra. Non sempre si può lasciar trascorrere il tempo in attesa che succeda qualcosa, siamo noi che dobbiamo decidere se una certa cosa deve succedere oppure no. Per quanto riguarda i tuoi genitori, mi pare di capire che non c'è molto dialogo tra di voi e credimi, questa mancanza di comunicazione tra genitori e figli è molto ricorrente. Anche nei loro confronti la decisione se dirglielo o no spetta solo a te che li conosci a fondo e sai fino a che punto potrebbero capire. Un mio amico, che lo disse in casa un po' di tempo fa, rimase quasi deluso quando i suoi genitori invitarono a cena il suo fidanzato e oggi è ancora più deluso perché pare che vogliano più bene a lui. Fai qualcosa per la tua libertà e non lasciare che i dubbi si impossessino della tua felicità. Un bacio. Ciao, ho appena letto dell'esistenza del vostro mensile e, se non è impossibile, mi piacerebbe magari poter leggere anche i primi numeri che evidentemente mi sono perso. Non so se il tutto sia gratuito o meno, in ogni caso vi invio un contributo. Comunque, grazie per esserci con iniziative del genere e per l'impegno a favore della "categoria". Cia o e grazie. Step Beh, che dire? Ancora commossi dei complimenti (e ce ne puoi spedire sempre, quando vuoi...) non ci resta che provvedere istantaneamente a inviarti la nostra rivista. Rimani con noi! Bacioni. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------